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mercoledì 21 novembre 2012

Confusione Mentale e Vaneggiamenti vari

Sono pigro, lo so. è che il periodo non mi sfagiola per niente e qui a Roma c'è sempre un casino di cose da fare. Poi ci si mettono pure la laurea magistrale ed il master a rompere i bei santi zebedei. Ho accatastato diversi lavori sulla shadows witchcraft ma devo dire che il lavoro fatto questo Samhain funziona meravigliosamente, cosa che dubitavo fortemente. Ho cominciato una traccia per un eventuale romanzo, forse quando c'è un po' più di tempo lo imbastirò, però per ora la idee fioccano e lo spirito creativo si fa sentire. Non amo tralasciare lavori di incantesimi e stregoneria ma per ora, dato il corredo minimale di erbe e candele (devo comprare gli incensi!) lascio stare. Meglio un lavoro ben fatto, anche se in ritardo, che qualcosa fatto alla buona.  A tratti mi manca A. o meglio, mi manca la sensazione che mi dava stare con A. sperando che ora lui sia più felice. Continua il lavoro con Ruisia, meravigliosa creatura! Veramente avevo preso sotto gamba ciò che una Alraun può fare e tutto l'aiuto che può dare! Oggi università più lavori per il master in giornalismo internazionale. vediamo come si mette la questione; francamente vorrei semplicemente mollare tutto e andarmene dall'Italia. Diventare escort adesso sembra un'idea meno scandalosa.  Un po' mi manca casetta, con tutte le mie cosucce, ci stavo pensando l'altro giorno. Non ho portato a Roma molte cose, sperando che quelle poche che ho riescano a bastarmi.



Grazie alla mia testa sono stato abbastanza previdente da portarmi dietro lo strettissimo necessario: l'athame da riti nei boschi, un coltello appartenuto a mio zio; una coppa in legno di ulivo, sempre per i riti in esterna, una bussola e dei simboli maschili e femminili: un corno di capriolo ed un uovo di quarzo. La scatola di Ruisia è imponente e già i miei coinquilini mi hanno chiesto "che roba è", ma na manciata di cazzi vostri mai è?? bah! comunque rimango soddisfatto del risultato; è venuta in modo splendido, poi con il segno oghamico del sambuco è ancora più bella! Ora pausa sigaretta, poi mi metterò a studiare! *gosh*

venerdì 16 novembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "P"


"P" come Priàpeios, il Culto Fallico nel paganesimo europeo

« Ritiratevi, fate posto al Dio! 
Perché egli vuole 
enorme, retto, turgido, 
procedere nel mezzo. »

Priapeo è un aggettivo in uso relativamente alla spiritualità legata alla divinità greco-romana Priapo e concerne la fecondità maschile collegata a quella di flora e fauna. Questo termine è relativo anche ad una tipologia di componimento poetico in metrica o prosa dal carattere sessuale esplicitato era quindi considerato licenzioso o scurrile. Le sue origini vengono associate alle prime festività legate a Priapo e quindi come parte integrante del rito religo-sessuale. 

Il culto fallico è un arcaico modello posto ad origine delle società pagane di cacciatori-raccoglitori ed è rappresentazione di una cosmogonia del membro maschile in erezione, considerato latore e creatore di fertilità. La parola "phallus", soggetta a numerosissimi tabù dall'avvento dei monoteismi ad oggi, deriva infatti dal termine sanscrito "phalati" che letteralmente significa germogliare-fruttificare e dalla radice "phal", gonfiare. Il tabù nella pronuncia ha reso odiernamente il termine fallo identificabile con più di mille sinonimi ad identificare questo simbolo.  Nelle culture antiche l'organo maschile era considerato l'origine della vita originata dal seme e ritornata alla terra quando essa si era esaurita. Un racconto dello storico Kallixeinos di Rodi riporta questo culto nel 275 a.C. durante una festività legata a Dioniso (probabilmente le Grandi dionisiache) in cui un monumentale fallo di legno di faggio, sormontato da una sella d'oro fu portato in processione tra inni e danze sacre. 

Nel mondo greco erano famose le cerimonie chiamate "falloforie", letteralmente portare il fallo, in cui si celebrava Priapo o Dioniso con solenni processioni di canti, danze e si trasportavano monumentali statue di legno foggiate a forma di pene che propiziavano la prosperità di campi, donne, animali e la mascolinità. Esplicativa è la parte finale del rito in cui campi e persone venivano asperse da una pioggia di una miscela composta da acqua-latte, miele e succo d'uva rappresentante l'atto orgasmico eiaculativo. Nella letteratura Plutarco spiega queste usanze: 

"in testa venivano portati un'anfora piena di vino 
misto a miele e un ramo di vite, 
poi c'era un uomo che trascinava un caprone per il sacrificio, 
seguito da uno con un cesto di fichi 
e infine le vergini portavano un fallo con cui venivano irrigati i campi." 

Sempre nella cultura greca è possibile ritrovare esempi di culti più antichi connessi al fallo, legati a doppio filo con la sessualità. Numerosi sono infatti i ritrovamenti di amuleti sessuali foggiati a forma di pene ed incisi con simboli e scritte, utilizzati in accordo tra rito religioso e rapporto sessuale. Queste tipologie di pratiche ci sono giunte solo sotto forma di ritrovamenti archeologici essendo stata la sessualità oggetto di così numerosi tabù e quindi essi sono incompleti e fortemente frammentali.  

Nella mitologia romana il simbolismo fallico era rappresentato per eccellenza da Priapo, divinità nota per i grotteschi attributi e la smisurata grandezza del pene. Figlio di Afrodite e Dioniso, Priapo domina la forza sessuale, la potenza dell'eros e la fertilità della natura. L'asino è da sempre associato a questa divinità il cui culto si articolava con orge sacre e riti sessuali, anche se di minor grandezza ed importanza di quelli dionisiaci.  Il fallo era considerato tra i romani un potente amuleto portafortuna contro l'invidia, il malocchio tanto da essere dipinto nella maggior parte degli affreschi delle ville romane. Interessante sapere è anche l'esistenza di una preghiera che le fanciulle vergini rivolgevano al dio per rendere piacevole la loro prima notte di nozze e quindi diminuire il dolore causato dalla rottura dell'imene. 

Oltre ad una possente mitologia sui culti fallici, che non andrò ad approfondire ulteriormente per la vastità dell'argomento, l'utilizzo di simboli e statuette di peni è da sempre associata a cerimonie procreative e di fertilità, oltre che, logicamente, legata alla mascolinità e al piacere sessuale (sia maschile che femminile). I ritrovamenti di falli di legno, metallo ed addirittura di pietra testimoniano l'utilizzo sessuale-rituale di questi strumenti già dall'età della pietra. Il carattere fortemente ctonio legato alla solidità del membro eretto si legava nella pratica all'acqua ed al fuoco nel simbolismo del seme e del calore corporeo. Nella totalità dell'Europa sono numerosi i casi di megaliti sessualmente esplicitati con fogge di peni eretti o statue paleolitiche che presentano questi attributi e quindi la presenza del culto mascolino della fertilità. Il Dio era il fallo ed il fallo era simbolo della divinità; l'esibizione eretta diveniva quindi non solo simbolo di potere ma anche di benedizione fertile. 

Nella foto posta in alto: un recente ritrovamento svedese datato nel paleolitico, un fallo eretto rituale-sessuale ricavato da un osso di cervo.


giovedì 8 novembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "O"



"O" come "Ontano nero", l'Alnus Glutinosa tra mito e simbologia

Il simbolismo dell'Ontano nero è antichissimo; questo albero ha da sempre suscitato miti e folklore nella mente degli uomini. Esso predilige le sponde di fiumi e torrenti, luoghi a diretto contatto con le acque e le rocce dove le sue radici ramificate, dal marrone al rosso scuro, riescono direttamente a fissare azoto dall'aria. Il tronco ed i rami si presentano come strutture nodose ed ampiamente ramificate e, a dispetto delle altre piante decidue, fa crescere gli amenti maschili per tutta la durata del mese di novembre che si allungano nell'inverno e si aprono a febbraio-marzo. Viene chiamato "Albero del sangue" dai contadini nord europei data la caratteristica del legno che, una volta tagliato, vira dal colore paglierino al rosso-porpora, come sangue che affluisse da una ferita. Data la sua vicinanza all'acqua il suo legno è immarcescibile, virtù conosciuta sin dai tempi antichi. Le sue foglie furono usate, miscelate con quelle di nocciolo, durante la II guerra mondiale dai contadini come sostitutivo del tabacco. 

Secondo il mito greco l'Ontano era personificato dall'eroe semi-divino Foroneo, figlio della divinità fluviale Inaco e la ninfa Melìa, che fu il primo a riunire gli uomini da singoli villaggi-stato in un'unica comunità fondando la città di Foronico (Argo). L'associazione tra l'acqua e  questa pianta ha reso possibile la nascita di questa simbologia, l'ontano mantiene una certa saldezza con questo elemento. Era però associato anche al fuoco dato che i fabbri ellenici preferivano le braci di questo legno che, data la sua durezza e nodosità, sviluppava più calore. Questo culto arboreo re-strutturato scomparve in Grecia assoggettato dalle nuove mitologie divine ma ne rimase un eco nell'Odissea in cui si descrive un boschetto sacro di ontani, al di fuori della grotta di Calipso, che erano, per loro natura, legati alla morte ed alla rinascita (date le gemme disposte a spirale). 

Nell'epoca celtica il suo culto fu forte anche grazie ad una serie di folklori locali dove quest'albero è associato ad eroi come Bran, Gwer, Fearn e Brenno. Era legato al simbolismo del combattente valoroso tanto che nella Cad Goddeu, la battaglia degli alberi contro gli invasori della Britannia, "gli ontani in prima linea principiarono lo scontro".  L'ontano era apprezzato per i tre colori naturali che si estraevano da esso: il rosso cupo dalla corteccia, il verde acceso dei fiori ed il marrone vivo dei rami; simboli rispettivamente del fuoco, dell'acqua e della terra. Il legno del tronco, di lavorazione più semplice ma sempre ardua rispetto a rami e radici era usato per fabbricare strumenti da lavoro, bastoni da sostegno, manici di scopa e attrezzi da cucina. Esso ha diverse proprietà medicinali, era chiamato "china discendente" proprio perché è un febbrifugo, antinfiammatorio e cicatrizzante. Durante il periodo medievale era considerato come un simbolo sinistro, soprattutto per le tradizioni folkloristiche legati a spiriti e creature non fisiche. Probabilmente la sua fama negativa viene anche dalle singolari forme nodose umanoidi che possono assumere tronchi e radici.  

Nella tradizione celtico-Oghamica l'Ontano nero è associato al simbolo chiamato Fearn  ed è considerato un albero maschile associato a tutti gli elementi e regolato dalla stagione primaverile.  Il suo potere si stabilizzava nella protezione del singolo e del gruppo familiare, nel dare coraggio nel momento del bisogno e nell'assopire e lenire la paura ed i dubbi. Gli ontani erano considerati nelle culture celtiche primigenie le abitazioni o le incarnazioni fisiche degli spiriti boschivi atti a proteggere il territorio, creature sia fortemente positive che negative. Con le radici ed i rami dell'ontano nero era usanza fabbricare i flauti sacri che accompagnavano le cerimonie religioso-sacrali. Era usanza fare attenzione nel tagliare un ramo di ontano perché parte dello spirito che ivi vi abitava sarebbe stato spezzato e l'albero avrebbe cominciato a sanguinare.  

Nell'uso pratico-rituale nord europeo bacchette di Ontano nero venivano utilizzate in cerimonie chiamate di "Resurrezioni della primavera" cioè riti di propiziazione del calore dopo un inverno particolarmente rigido. Queste bacchette erano anche in uso nelle celebrazioni della notte di Valpurga. Usanza moderna legata alla purificazione nelle cerimonie celtico-magiche è bruciare un incenso fatto con resine a scelta, foglie di ontano e biancospino e fiori bianchi.  Era usanza formare un amuleto per la protezione dalle paure con il legno di questo albero: si disponevano due di questi legni legati a croce contornati da piccole pigne di ontano e si appendeva alla porta o bruciava nel camino. 



giovedì 1 novembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "N"



"N" come "Nodi", stregoneria, legamenti e corde sacre

"By the knot of one. The spell's begun. 
By the knot of two. Make it cometh true. 
By the knot of three. Thus shall it be. 
By the knot of four. 'Tis strengthen more. 
By the knot of five So may it thrive. 
By the knot of six. The spell we fix. 
By the knot of seven. The stars of heaven. 
By the knot of eight. Use the hand of fate. 
By the knot of nine. What I desire is mine"
(Spell of the Cord, Doreen Valiente)

L'utilizzo magico di corde e legamenti è rintracciabile nella storia dell'uomo come una delle prime pratiche religio-sacrali utilizzate fin dalla preistoria nei riti sacri, nelle preghiere propiziatorie e nei legamenti di altra natura. In principio il cordame era realizzato dall'intreccio di peli e crini animali (in primis il cavallo) oppure con capelli umani; poi con l'evoluzione della coltivazione divennero di fibre vegetali, più pratiche e resistenti. Una delle testimonianze più concrete dell'utilizzo dei nodi e dei legamenti ci viene da un rituale tradizionali degli Iacuti, popolazione di origine uralo-altaica, stanziata nella Siberia centro-orientale, atto al controllo del vento.  

"Quando fa caldo e lo Iacuto ha ancora molta strada da percorrere, prende un sassolino rinvenuto nelle viscere di un animale o di un pesce e lo avvolge diverse volte con  crini di cavallo e lo lega ad un bastone, che poi comincia ad agitare borbottando incantesimi. E ben presto comincia a spirare una fresca brezza, e per farla durare nove giorni il sassolino deve essere immerso nel sangue di un uccello o di un animale  e  poi esposto al sole mentre lo stregone compie tre giri in senso antiorario".Frezer

Già questa testimonianza riporta come il legare e l'annodare i crini al "sasso" renda esso malleabile al volere del praticante; il formare nodi è quindi un'operazione di potere che suddivide la preghiera e letteralmente lega la volontà dell'officiante al fatto da compiere ed al rito in favore della divinità. I nodi sono però anche oggetto di forte tabù tra certe popolazioni in occorrenza di eventi pubblici come nascite, matrimoni e decessi. Fra la popolazione sassone stanziate in Transilvania vigeva l'usanza di slegare tutti i nodi degli abiti e dei capelli della partoriente; questo avrebbe agevolato il parto. Il nodo qui ha valenza di impedimento e controllo, infatti si dice che il bambino è "legato all'utero" e quindi impossibilitato alla nascita. Queste valenze negative sul legare o incrociare vengono conservate anche dalla cultura popolare latina. Plinio affermava che "sedere accanto ad una donna pregna o ad un paziente sotto cure mediche a mani incrociate o a gambe accavallate ha un influsso malefico su di loro". Si riteneva quindi che l'effetto magico dei nodi avesse una valenza ostacolante sulle attività umane, concetto che poi cambiò valenza con il progredire dei secoli. Amuleti fatte di corde annodate sono stati ritrovati nelle Highlands del Pertshire (per intenderci, in Scozia) ed il loro uso magico sopravvisse nella cultura pubblica fino al XVIII secolo (in cui è registrata la testimonianza del comune di Logierait in cui si usava sciogliere accuratamente tutti i nodi degli abiti e dei capelli dei novelli sposi per la loro prima notte insieme). Alle tradizioni che volevano i nodi capaci di causare malattie, discordi e persino morti premature se ne contrappose un filone che vedeva il discioglimento dei nodi come potente atto di guarigione. sempre Plinio ci offre un frammento in cui afferma che presso i romani era tradizione popolare guarire le malattie inguinali o degli organi riproduttori tramite una procedura singolare. Prendendo il filo spesso di una ragnatela ne si facevano nove nodi e imbastendoli li si accompagnava con i nomi di nove vedove. Poi si applicava il filo annodato all'inguine o lo si avvolgeva sul fallo dell'uomo da guarire. L'attività del filare la corda sacra era fondamentale, spesso perché utilizzava peli non comuni o fibre vegetali particolari. Con la corda annodata si formavano bracciali o collane che era tradizione indossare per un certo periodo di tempo e poi gettarle in un fiume o addirittura bruciarle in un fuoco prodotto da particolari varietà di legno. I numeri dei nodi o la lunghezza della corda hanno spesso un carattere in comune, sono spesso dispari e ricorrono numeri quali sette, nove e tredici. Le operazioni legate ai nodi ricorrono anche come liberazione da un dolore o di un ricordo malsano; nell'Italia svizzera tradizioni popolari vogliono che annodando un filo d'erba su se stesso non spezzandolo renda il dolore meno intenso e il ricordo più lontano, come se all'erba fosse affidato il gravoso fatto personale. Risulta chiaro quindi come la pratica del filare la corda rituale e l'imbastire nodi sia sopravvissuta fino ai nostri tempi e quale sia il potere intrinseco sulle coscienze del legare, annodare e dell'intrecciare. Il fatto che queste pratiche assumano una così ampia sfumatura di valenze nelle diverse culture rende queste operazioni di fondamentale importanza per capire la forza del pensiero e della preghiera sugli elementi atmosferici, sulla vita quotidiana e sugli eventi sociali.