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lunedì 31 dicembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "S"


"S" come "Serpente", simbolo sacro e culti serpici presso i celti

"La sua pelle è acqua, la sua lingua è fuoco. 
E' tuo amico. Prendilo. 
Sono come le persone. Puoi amarli per anni, nutrirli, curarli. 
Tuttavia, possono rivoltarsi contro" Olympias 

Il serpente ha da sempre esercitato un particolare fascino nei simboli e nelle mitologie delle culture antiche, esso è entrato di diritto nell'immaginario umano come figura topica e essere inconscio portatore di significati molto diversi tra loro. Data la sua particolare fisiologia è stato sempre delineato in sfere valoriali opposte o contrastanti; l'assenza di zampe, infatti, connotata con la sua vicinanza alla terra, all'umidità ed all'acqua hanno portato il serpente a essere definito "l'alter", il diverso, il lontano da se e quindi portatore di particolari attributi.  

Il serpente quindi presenta una grandissima ricchezza a livello simbolico ed un crogiolo di significati. Per rendere più semplice l'approccio a questi è utile distinguere due filoni di pensiero: l'attribuzione positivistica e quella che invece vede la serpe come simbolo negativo. Nel primo gruppo il serpente rappresenta l'essere primordiale, il perpetuo ciclo ouroborico, il ritorno, il cambiamento, la sessualità, la rigenerazione e l'energia istintuale e passionale. Nel secondo gruppo invece si può trovare il serpente come portatore di valori negativi come la malvagità, la scaltrezza, la distruzione, la menzogna, la freddezza e il "pericolo velenoso". Dagli albori dell'uomo comunque questo simbolo, incarnato in positivo o in negativo, è stato considerato la sede delle emozioni e delle pulsioni umane, un simbolo potente sia delle energie vitali che di quelle mortifere, o portatori di morte. La doppia natura del serpente si rivela anche nel suo modo di muoversi, steso per tutta la sua lunghezza, che evoca la linea retta come la curva, la spirale ed infine il cerchio (e quindi l'ouroboros come ciclico incedere immanentemente presente, come auto-fecondazione e auto-rigenerazione).  un'ulteriore dualismo simbolico vuole il serpente legato a doppia trama sia con il materico che con il non visibile (nel suo strisciare nel fango e sulla superficie del terreno e nel suo rintanarsi nelle fessure della terra ricavandone così anche un valore fortemente ctonio). Tralasciando il simbolismo negativo della serpe, che tutti conosciamo essendo sottoposti ad un cattolicesimo imperante, nella sua visione positiva è legata anche all'anima dell'uomo e persino, secondo le parole di Bachelard "l'archetipo dell'anima umana". Sul piano simbolico è inoltre associato alla pioggia e di conseguenza alla fertilità; in quanto attributo divino esso ha quindi un forte potere fecondatore sulla flora in quanto acqua ma anche su animali ed uomini traslandone il simbolismo con quello dello sperma. Le tradizioni lo vogliono legato ai quattro elementi aristotelici: la terra per la sua vicinanza fisica, il fuoco per il suo morso ed il veleno, l'acqua per la sua pelle e l'aria per il respiro e la contrapposizione mitica aquila-serpe. Un'altra potente simbologia, già prima accennata con l'attribuzione alla fertilità, vede il serpente associato al simbolismo fallico e quindi espressione della penetrazione e della potenza virile. Ulteriore attributo, connotato in positivo e negativo a seconda delle culture, vede la serpe come portatrice di conoscenza e sapere, fisico e spirituale. 

Nella cultura celtica il serpente rivestiva un simbolismo importante; qui però si deve distinguere come il culto del serpente poteva essere esplicitato. Tra le divinità druidiche ci sono animali come il lupo e il serpente, che non sono considerate vere e proprie divinità a tutto tondo ma incarnano simbolicamente gli spiriti della natura. Il serpente ad esempio è lo spirito della medicina, della salute, del mistero, della magia, ad esso si attribuisce conoscenze e saggezza. Tra le distinzioni del culto del serpente possiano trovare:
1 Culto della discendenza. Tra i nomi celtici che esplicitavano la discendenza animale si poteva distinguere in due filoni: la discendenza clanica che dava il nome al clan  ed i nomi propri. I secondi sono nomi totemici e derivano direttamente dai primi ("Il totemismo è un affare del clan mentre il totem è personale" J. A. MacCullock). In sintesi il serpente veniva venerato come animale discendente della famiglia clanica e poteva concretizzarsi come totem personale. 
2 Tabù animale e preservazione. Se il culto del serpente era diffuso presso una società clanica a quest'ultima era espressamente fatto divieto di uccidere o ferire l'animale sacro. Il non rispetto di questa norma portava, secondo la tradizione, a conseguenze disastrose; per esempio nelle saghe irlaendesi Conaire, figlio di una donna e di uccello divino in grado di prendere forma umana, perde la vista per aver cacciato uccelli.   
3 Pasto sacro. In determinati giorni durante l'anno si officiava la caccia rituale dell'animale sacro con successiva processione per il villaggio. Il pasto rituale era un momento catartico della venerazione clanica totemica; si assumeva l'animale per rinsaldarne il legame facendo ad esso offerte e "diventando" l'animale stesso. 
Il culto totemico, di natura più primitiva presso i celti fu susseguentemente sostituito con la concezione di divinità antropomorfe o che portavano attributi animali (se non l'animale stesso). Così è possibile ritrovare il serpente in mano al Cernunnos celtico (il nome di questa divinità non è ricostruibile dato che non fu registrato dai romani che lo chiamarono "il cornuto" o "il portatore di corna", Kernunnos appunto).  questa modifica portò all'abolizione dei tabù alimentari ma conservò però il nome clanico congelandolo nelle effigi familiari, veri e propri blasoni delle casate. Presso le popolazioni celtiche il simbolismo del serpente si legava principalmente alla divinità maschile Cernunnos ed a quella femminile Brigid. 


mercoledì 26 dicembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "R"



"R" come "Radice", l'utilizzo rituale dei fittoni, ceppi e bulbi in stregoneria

"Hide the alraun away in a dark place until you call upon it. When you do, offer it milk and honey, or wine, or blood depending on your purpose. Treat the alraun as a beloved child or family member. Speak to it sweetly. It is incredibly dangerous to throw one away or sell an alraun for less than you bought it for. It is a sentient familiar spirit and not a curio to be tossed aside. The alraun has the power to bless or curse its owner so think carefully on your intent before making one".

Le parti radicali di erbe, arbusti ed alberi sono da sempre state utilizzate nelle pratiche di fedi religiose legate alla magia ed all'animismo. Le radici assumevano in se lo spirito arboreo della pianta stessa che generavano e nutrivano in valore all'assimilazione delle funzioni degli organi della radice con la pianta stessa rivestita di un qualche simbolismo a seconda delle culture di appartenenza. La radice ha infatti il compito, in botanica, di assimilazione dell'acqua e sali minerali dal terreno, ma anche di conduzione, riserva, ancoraggio della pianta al substrato terroso. Interviene inoltre nella sintesi di particolari ormoni vegetali ed è implicata in vari processi di simbiosi della pianta. In questo testo non tratterò degli usi delle radici in decotti e sacchetti ma dell'uso delle parti delle radici come enti animate, ovvero latrici dello spirito arboreo della pianta. 

La più famosa mitologia e ritualità legata all'universo delle radici in magia è data dalla Mandragora officinarum, una pianta erbacea perenne della famiglia delle Solanacee di media altezza che fiorisce da fine inverno a primavera inoltrata con i caratteristici fiori violacei ermafroditi che danno alla pianta la possibilità di auto-fertilizzarsi grazie all'aiuto di api e farfalle. La struttura delle radici, che la tradizione popolare vuole somigliante al corpo umano è data dalla divisione del tubero a carota in due tronconi. La nascita mitica della mandragola o mandragora ci viene direttamente dall'epoca medievale; la superstizione vuole infatti che essa nasca dallo sperma caduto sul terreno di un condannato a morte, spesso riferito in tradizioni come "l'impiccato".  Molteplici sono le indicazioni sulla raccolta di questa radice, ci sono tradizioni che vogliono che si faccia con le orecchie tappate con cera, altre che prevedano che sia un cane a sradicarla ed altre ancora che prevedono che un ragazzo vergine possa resistere al canto/grida della pianta sradicata dal suo ambiente naturale.  

"Conseguentemente si suggeriva di disegnare tre cerchi con un ramo di salice, o una spada di ferro attorno alla pianta, (in questo specifico caso il cerchio preserva chi è fuori). Poi doveva essere smossa la terra intorno alla radice, ammorbidita con urina femminile e solo a quel punto una vergine avrebbe potuto raccoglierla, guardando a ovest e ponendo attenzione al vento poiché il suo profumo poteva ammutolire o creare allucinazioni tali da condurre alla pazzia".  

Successivamente alla raccolta, se la radice veniva utilizzata come feticcio rituale, cioè come vero e proprio corpo dello spirito della pianta (questo è retaggio degli antichi culti arborei) era usanza nutrire e purificare la radice con vino e latte. Radici di mandragola intagliate, tra cui una in cui è rappresentata una donna che tiene tra le braccia un bambino, sono state ritrovate Costantinopoli, Damasco, Antiochia e Marsina.
Spesso dopo una cura intensiva della radice con olio ed oleoliti essa veniva intagliata e per essa veniva creata una vera e propria scatola; in alcune tradizione germaniche definita come "bara" in quanto la natura prettamente ctonia delle radici le lega all'universo della morte, degli avi e del "mondo di sotto". Successivamente alla radice sacra venivano confezionati dei veri e propri abiti o, in alternativa in alcune correnti religiose, un panno da avvolgergli intorno a mo di sudario.

Questo utilizzo delle radici è da ricondurre direttamente ad uno scopo talismanico degli enti; la radice si fa diretta portatrice delle virtù, magiche e terapeutiche della pianta/dell'albero. Essa è in sintesi lo spirito della pianta e la personificazione del genere di pianta prescelta per la realizzazione del manufatto; è una entità pensante legata a doppio filo al suo realizzatore (in certe visioni religiose infatti la radice non può essere mostrata a nessuno) e per esso assume l'aspetto di figlia/figlio, madre/padre, nonna/nonno. L'ultima precisazione del caso vuole che ci sia una netta divisione tra le radici rituali e i famigli o "servitori delle streghe". Le prime infatti non sono soggette alla mera volontà del suo realizzatore poiché appartengono a uno "spirito proprio" e quindi sono una vera e propria arma a doppio taglio se ignorate, derise o cedute ad altri. I secondi invece sono di natura prettamente servile, nel medioevo era infatti associato a questo termine qualsiasi creatura che ospitava in se uno spirito servitore della strega stessa. 

mercoledì 19 dicembre 2012

Nei pressi di Yule



"Non c'è il tempo per chiamare i segni
ne per brandire il pugnale
un soffio di vento, di oli i polsi pregni;
una scatola di erbe, ossa di animale.

Se tu mi senti,  percepisci nel petto il mio pulsare, 
guarda con me la luna crescente, 
e ascolta la litania ed il mio cantare.

Per Amore, un essere evanescente."

P.

martedì 18 dicembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "Q"


"Q" come Quercia, culti arborei, falò e corone sacre


"Sembravi morta. E ancora affidi all'aria       
con l'ultima fronda contorta       
lunghi sottili fremiti di vita.       
Può mordere la sega i tuoi profili,       
aggredirti la scure a colpi ciechi,       
incenerirti la folgore.       
Nulla ruba gli echi al tuo cielo"

La quercia in se è considerato l'albero sacro per eccellenza presso i popoli nord europei. Rientra nel pantheon degli alberi sacri proprio dall'origine del culto arboreo; la sua onnipresenza nelle mitologie europee ci riconduce infatti all'accreditata ipotesi antropologica che questa pianta fosse presente come culto ancestrale prima della divisione e susseguente dispersione delle popolazioni nordiche che, deduttivamente, vivevano in un ambiente ricco di foreste, in cui la predominanza era di querce o farnie. un rito comune legato alla quercia era l'accensione del fuoco sacro alimentato proprio da questo legno in cui venivano bruciate le offerte che potevano essere di diversa natura (N.B. presso alcune popolazioni i falò erano delle proprie "pire funerarie" in cui venivano offerti esseri umani e ivi bruciati per il consenso-la benevolenza della divinità). Incerta è la posizione rituale della quercia tra i Celti ed i lucani ma sicuro è il ruolo sacro ad essa attribuita presso le popolazioni di stampo germanico. 

Caratteristica peculiare dei fuochi sacri di quercia era data dall'accensione; non erano in uso infatti pietre atte a produrre scintille ma esso veniva essenzialmente infiammato tramite lo strofinamento di due pezzi di questo legno (così come per gli attuali "fuochi della miseria"). Sempre riguardante il fuoco sacro, spostandoci in ambito nostrano il fuoco delle sacerdotesse vestali, braciere che non doveva mai essere spento, era alimentato con il legno di questa pianta. Un'usanza germanica riguardante il falò di mezz'estate riguardava il bruciare un ceppo di quercia e spargere le sue ceneri, miste alle granaglie, nei campi in modo da propiziare la semina e nel contempo proteggere il raccolto da ladri, malattie e malefici. 
Riguardante i sacrifici bruciati sui falò di quercia è utile puntualizzare un'informazione; ciò che veniva arso e quindi moriva sul piano fisico non solo rappresentava l'offerta ma diveniva la personificazione dello spirito della quercia immolato. Il sacrificio risultava quindi dalla doppia valenza: richiesta e celebrazione del divino. 
Sorvolerò, in questo brano, sul legame vischio-quercia data l'ampissima mitologia e ritualità ad esso collegata, cercando invece di trattare un argomento settoriale: l'utilizzo delle fronde di quercia nell'uso sacrale, nella pratica e nell'uso come corone. 

Una tradizione legata agli incantamenti legati alla quercia ci viene dai romani per combattere la siccità.  avendo già trattato la magia tempestaria nella lettera "M" citerò questo caso solo in sintesi. Tra i greci ed i romani era tradizione, nel vedere le piante da sementi inaridirsi, l'immergere più volte una frasca di quercia in una fonte (la più famosa per questi riti era la sorgente sul monte Liceo) smuovendo l'acqua e spruzzando l'area ed i partecipanti con tale acqua.  Da tale pioggia simbolica la tradizione voleva che si alzasse una nuvola che ben presto avrebbe condotto l'acqua sui propri campi. 
Per quanto riguarda l'uso delle foglie e dei rami di quercia come corone, da capo o da porta, il simbolismo si ricollega alla classica valenza della quercia: la forte mascolinità, l'utilizzo protettivo e l'incremento della forza. Se la corona accoglieva in se anche le ghiande si ricollegava alla prosperità (le ghiande erano infatti l'alimento principale delle popolazioni più povere che ne ricavavano dall'essiccazione e frantumazione una sorta di farina). Le corone da indossare fatte di questo materiale erano indossate prevalentemente dalla popolazione maschile; le donne, invece, realizzavano le loro corone con spighe e fiori selvatici. 

La fotografia posta in alto riguarda un rituale del solstizio d'estate del 2010 in Lettonia derivante da una religione legata al paganesimo antico (a quanto sembra dall'epoca del bronzo). Per info su questo rito: Cliccare quì