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domenica 23 settembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "g"



“G” come “Gundestrup Cauldron”,  il Cernunnos e la sua prima raffigurazione


Il Calderone di Gundestrup è uno dei manufatti dalla miglior fattura e stato di conservazione pervenutici dalla cultura celtica. È databile alla tarda età del ferro, circa nel II secolo a. C. ed è stato rinvenuto in una torbiera dell’Himmerland, nello Jutland, nel nord della Danimarca nel 1981. Esso è, oltre che un esempio dell’antica lavorazione dell’argento cesellato (13 pannelli per circa 9 chilogrammi) , soprattutto una vera e propria testimonianza fisica dei miti e delle antiche credenze celtiche. Essendo il manufatto, sia a livello di fattura che di incisioni, non connotabile nel territorio della Danimarca è stato ipotizzato che sia stato portato lì in seguito ad una sconfitta dei romani e che provenga invece all’attuale Bulgaria, circa nel territorio del basso Danubio. Dal momento che il calderone, al tempo del suo ritrovamento, era diviso in pezzi; l’effettivo ordine delle placche doveva essere ricostruito. L'ordine tradizionale delle lastre è stata determinata da Sophus Müller , il primo di molti per analizzare il calderone. Ne ipotizzò il posizionamento osservando le saldature sulle stesse e constatò, seppur in ipotesi, che queste si articolavano con una storyline di maschio-femmina, maschio-femmina (relativamente alle raffigurazioni sui pannelli).

L’interpretazioni dei bassorilievi cesellati è tutt’oggi non certa; l’unica figura identificata con certezza è il Cernunnos sulla fascia interna, le altre possono riferirsi all’attraversamento delle Alpi da parte di Annibale, di una scena mitologica legata a Manawydan, Dio dell’oceano, dell’acqua e del “mondo altro” ed a Rhiannon o a scene religio-sacrali legate a divinità tra le più disparate.  Parlando più specificatamente del Cernunnos possiamo affermare che il bassorilievo presente sulla fascia interna rappresenti una delle prime, se non la prima raffigurazioni del Dio (alcuni teorici sostengono che sia presente anche nelle incisioni rupestri della Val Camonica). La divinità è rappresentata seduta a gambe incrociate, benedicente con il torque al collo e stretto nella mano destra a rappresentare il dominio sulla flora e fauna. Stretto nella mano sinistra è inciso un serpente, simbolo ciclico del rinnovamento stagionale, segno della ferinità schiva e istintuale che può donare come togliere; alcuni storici o studiosi dell’arte hanno ipotizzato che esso sia in realtà un bastone e non un serpente vero e proprio, connotandolo così di una funzione di comando e guida. Le corna del Cernunnos sono cesellate in profondità, precise nel loro rigore geometrico, posizionate sul capo del Dio, che porta i capelli lunghi legati dietro il capo. È attorniato da animali selvatici, erbivori e carnivori, a significare la potenza ferina e procreativa; da sottolineare è inoltre il volto fallico del serpente, un simbolismo, neanche troppo velato, volto a sintetizzare le caratteristiche della divinità. Tra gli animali selvatici spicca, su questa piastra in alto a destra, un’altra figura: un uomo stilizzato che cavalca un animale, da alcuni identificato come un delfino; probabilmente una simbologia per una vittoria militare o politica.

Da sottolineare è la derivazione etimologica della parola Cernunnos, wikipedia cita: “Sulla iscrizione dei Parisii  [_]ernunnos, la prima lettera fu cancellata, ma può essere agevolmente restituita in "Cernunnos" a causa della raffigurazione di un dio con le corna sotto il nome e dal fatto che in gallico, carnon o cernon significa "corno". Similmente cern significa "corno" o "capo" in Antico Irlandese ed è etimologicamente affine al termine simile Carn in Gallese e Bretone. Queste derivano dalla radice proto-indoeuropea *krno- che ha dato anche il latino cornu e germanico *hurnaz (dal quale l'inglese "horn")”.

martedì 18 settembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "F"


F” come Falcetto d’oro, il Rito della raccolta del  vischio nelle tradizioni druidiche



“II sacerdote, vestito di bianco, sale sull'albero, taglia il vischio con un falcetto d'oro e lo raccoglie in un panno bianco” Plinio

Ben poco si conosce dell’antica cultura celtica, dei riti religiosi dei Druidi, Vati e Bardi. Tutto ciò che ci è pervenuto, data la non usanza alla scrittura e il metodo orale in versi di tramandare le tradizioni, ci giunge da fonti latine; autori che hanno toccato con mano, seppur con numerosi preconcetti e pregiudizi, le ultime vestigia dei riti e dei miti  celtici. Il più rinomato di questi autori (che è anche colui che ha effettivamente prodotto più materiale) è  Plinio nella “Naturalis Historia”.

 Premessa doverosa è sul nome “druidi”: nei testi classici appare sempre nella forma plurale (“druidai” in greco e “druidae” o “druides” in latino) ma la sua effettiva etimologia è incerta. L'opinione più comune è che la parola derivi dall'unione di due parole celtiche: "duir", che vuol dire quercia, e "vir", una parola che significa "saggezza".  Plinio lo considera invece unicamente  legato alla parola greca “drus” (quercia) per l’affinità con il loro luogo sacro il “Nemeton“ (letteralmente santuario) che poteva subire variazioni del nome in “Drunemeton”  o “Drynemeton” che definiva il bosco sacro di querce in cui i Druidi praticavano.

Concentrandoci invece sul Falcetto, troviamo un riscontro del rito di raccolta del vischio nel testo  di Plinio “Naturalis Historia”; esso cita:

“Dobbiamo ricordare qui la devozione che i Galli offrivano a questa pianta. I druidi, così essi chiamano i loro maghi, non avevano nulla tanto sacro quanto il vischio, e la quercia su cui cresce. Soltanto in grazia dell’albero scelgono boschi di querce, e non eseguono nessun rito se non alla presenza di una sua fronda; sembra così probabile che i sacerdoti derivino il loro nome dalla parola greca che indica la quercia. Infatti pensano che qualsiasi cosa cresca sull’albero sia stata mandata dal cielo e sia una prova che il dio in persona ha scelto proprio quella quercia; il vischio tuttavia si trova di rado sulla quercia. Quando questo accade, gli si dedicano cerimonie apposite, in particolare il sesto giorno della luna, poiché in base al movimento di questo pianeta essi misurano i loro mesi e i loro anni, nonché le età, un periodo di trent’anni. I Celti scelgono questo giorno, perché la luna, benché non sia ancora a metà del suo corso, ha già un forte influsso. Chiamano il vischio con un nome che nella loro lingua significa “che tutto risana”. Apprestati sotto gli alberi il sacrificio e il banchetto secondo il rito, vengono condotti due tori candidi, ai quali vengono per la prima volta legate le corna. Il sacerdote, avvolto in una veste bianca, sale sull’albero e taglia con un falcetto d’oro il vischio, che viene raccolto dagli altri con un panno bianco. Poi vengono uccise le vittime ed essi pregano che il dio renda propizio l suo dono a coloro a cui l’ha offerto. Pensano infatti che il vischio, se ingerito in una bevanda, porti la fecondità agli animali sterili, e sia l’antidoto per tutti i veleni”.

Ciò che dobbiamo notare è la presenza del bianco: l'abito del druido, le bacche di vischio, il drappo e i tori. E' chiaramente un rituale legato alla luna, alla fertilità e alla guarigione. Lo stesso falcetto richiama la falce di luna. Possiamo ipotizzare due cose: innanzitutto che il falcetto non fosse d'oro ma solo di bronzo dorato, questo perché l'oro è troppo morbido per poter tagliare qualcosa. La seconda ipotesi è che tutti questi elementi siano profondamente legati ad un solo importantissimo rito: ovvero il taglio del vischio. Ipotesi moderne suggeriscono come, l’uso del falcetto rituale, fosse tenuto in considerazione solo per la sacra raccolta del Mistletoe e non per altri usi magico-rituali. Il capo dei Druidi, quindi, coglieva il vischio con un falcetto d’oro; gli altri druidi, vestiti di tuniche bianche, lo mettevano in un bacile d’oro che esponevano poi alla venerazione del popolo. Siccome si attribuivano al vischio tante proprietà curative, lo immergevano nell’acqua che distribuivano a chi la desiderava per guarire da qualche male e per preservarsi da future malattie. Quell’acqua era considerata come un antidoto contro malefici e sortilegi. Scrive sempre Plinio sulle virtù del vischio:

“ Ritengono che il vischio, preso in pozione dia la capacità di riprodursi a qualunque animale sterile e che sia un rimedio contro tutti i veleni; così grande è la devozione che certi popoli rivolgono a cose per lo più prive di importanza”. Lo scrittore latino riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerata l’albero del dio dei cieli e della folgore perché su di esso cadevano spesso fulmini. Si credeva che la piantina cadesse dal cielo insieme ai lampi. La vera ragione per cui i Druidi adoravano la quercia ed il vischio più di tutti gli alberi della foresta  era  la credenza che ciascuna di quelle querce non fosse stata colpita dal fulmine, ma portasse sui rami una visibile emanazione di fuoco celeste; così che tagliando il vischio con mistici riti si procuravano tutte le proprietà magiche del fulmine.

mercoledì 12 settembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "E"


E” come “Erba di San Giovanni”,  l’Hypericum Perforatum nella tradizione popolare


L’iperico è un erba molto comune nel territorio italiano, si presenta come una pianta perenne con fusto eretto; le foglie la rendono riconoscibile anche nei periodi vegetativi date le apparenti  numerose forature presenti naturalmente su di essa (che in realtà sono vesciche oleose). I fiori hanno una struttura a cinque petali e presentano puntini neri che, se sfregati, tingono le dita di rosso.

Il nome particolare di quest’erba, seppur avendo origine controversa) deriverebbe da tradizioni  cristiane adattate su culti pagani già strutturati. L’erba di “San Giovanni”, infatti, deriverebbe il suo attuale nome popolare  dal suo periodo di fioritura che cade più o meno il 24 giugno, festa del sopracitato santo istallatasi per soppiantare i culti precedenti che vedevano al centro dell’attenzione il  Solstizio d’estate.  Era infatti un periodo sacro per la raccolta di erbe e la loro essicazione;  era uso (ed è tuttora nei villaggi più rurali come il mio) allestire un grande fuoco alla cui costruzione partecipava tutta la popolazione portando legna e coronandosi con l’iperico. Dalla caduta del palo centrale del fuoco, dalla direzione del vento e dall’accensione rapida o meno del falò, i contadini traevano auspici sulla buona riuscita del raccolto, della vendemmia e su eventi  che riguardavano la comunità. Un proverbio popolare  cita: “nella Notte di San Giovanni tutto può accadere e a tutto si può rimediare”.

La tradizione popolare vuole l’Iperico, insieme al Sambuco ed alla Belladonna, come la pianta certamente associata alle arti stregonesche e all’allontanamento dei malefici e mali popolari.  Era opinione diffusa che il tempo ideale per la raccolta dell’iperico fosse proprio il 24 giugno al sorgere del sole oppure a mezzogiorno, perché “solo in quelle ore il suo potere era tale”. Si utilizzava principalmente, oltre alle sue virtù fitoterapiche, per il confezionamento di corone e ghirlande atte a tenere fuori dalle proprie mura domestiche spiritelli molesti, malattie e vicinato sgradito. Queste corone infatti venivano appese nella parte interna delle porte d’ingresso e rinnovate di anno in anno nella giornata di San Giovanni. Inoltre si pensava che la pianta, disposta a mazzi incrociati appesi alle finestre, tenesse lontane streghe (LOL), gli spiriti maligni ed il diavolo stesso. In un erbario del XVI secolo chiamato “Herbaria” o “Fuga del Diavolo” si legge sull’Iperico: “Da alcuni è chiamato anche Fuga Demonium, poiché si crede, dove viene conservata questa pianta, il diavolo non possa entrare, e neppure gli spiriti. Per questa ragione viene posta nei materassi dei bambini ”.  Un’altra tradizione popolare vuole che “lo scacciadiavoli (iperico) dai fiori gialli, da tenersi sul corpo tutta la notte,  proteggere da sventure, da incubi e inganni;  per proteggere le famiglie  da spiriti e gotte”.


L'erba di san Giovanni ha una lunga tradizione nell'uso medico-popolare: Ippocrate, Dioscoride, il più rinomato medico dell'antica Grecia, e Plinio il Vecchio la impiegarono per curare molte malattie. Il nome latino Hypericum perforatum deriva dal greco e significa "contro i fantasmi": questo perché si credeva che l'erba respingesse gli spiriti maligni, i quali non potevano sopportarne l'odore. Difatti un altro appellativo popolare dell'iperico è "erba scacciadiavoli". Nella medicina popolare, l'erba di san Giovanni è stata impiegata per curare sia ferite (date le sue elevate proprietà antibatteriche e antivirali) sia disturbi ai reni e ai polmoni ma anche per sanare quella che oggi definiamo malattia  depressiva. Nella Rodale's Illustrateci Encyclopedia of Herbs leggiamo: “Quest'erba viene considerata benefica per l'apparato digerente; in particolare si è sempre ritenuto che i suoi componenti alleviassero i disturbi dovuti all'ulcera e alla gastrite. Inoltre è stata usata per combattere la nausea e la diarrea. Anche i lividi e le emorroidi sembrano trarre giovamento dalla sua applicazione. E stata impiegata per scopi sedativi e analgesici. I fiori, aggiunti a un particolare olio di uso medico, hanno effetto lenitivo sulle ferite da taglio. Gli erboristi infine le attribuiscono la proprietà di indurre (o aumentare) un senso di benessere”.

Da me, in alta toscana inoltre si utilizza un detto popolare riferito all’Iperico e al periodo della sua raccolta: “Nella notte di San Giovanni, ogni erbia nasconde inganni” per definire come, se la pianta viene raccolta ed utilizzata correttamente, dischiuda proprietà non comuni alle altre erbe selvatiche. 


lunedì 10 settembre 2012

VITA DA STREGA TEST: Modern Witch League



B A S I C S

Hai un nome magico/pagano ? certo, nella mia vita questo è il secondo che ho adottato come mio nel mio percorso spirituale. logicamente non lo rivelo ai quattro venti per ragioni che ben conoscete

Come hai trovato il paganesimo? A dir la verità mi sono sempre sentito pagano. Da piccolo, 9-10 anni circa, quando mi sono trasferito nella casa in cui attualmente stanno i miei, avendo i boschi dietro casa, allestivo altari fissi vicino a un piccolo ruscello e lì facevo offerte di fiori e frutta agli "spiriti del bosco". La pratica in me è sorta come un percorso naturale e intuitivo, quasi istintuale; finchè non trovai un articolo di Focus in cui si citava la Wicca, ed allora ebbe effettivamente inizio l'avventura XD

Da quanto tempo pratichi? Faccio risalire l'inizio della pratica "seria" dalla 1a superiore; quindi circa 9 anni =)

Solitario o praticante di gruppo? Solitario anche se non escludo una futura partecipazione collaborativa con un gruppo serio in cui mi possa effettivamente trovare bene (data una esperienza disastrosa in un gruppetto di streghette glitterose-peace and love)

Qual è il tuo percorso? Oddio, direi wiccan eclettico, più o meno. I miei interessi sono molti e tendo a soddisfarli nella loro totalità ^^

D E I T Y

Qual è la tua tradizione /simbolo o corrente? Tradizione personale, se così vogliamo chiamarla, dato il mio eclettismo dominante. Come simbolo il pentacolo o l'yggdrasil.

Chi è il vostro Dio "patrono"? Chi è la vostra Dea "patrona"? Dei, di quale culto? Tendo a non utilizzare nomi ma figure topoiche che richiamino la totalità degli aspetti che il divino incarna. Poi logicamente ci sono figure divine con cui mi trovo meglio perchè mi affascinano molto a livello di mitologia ma questa è un'altra storia =)

Avete paura dell' aspetto oscuro degli Dei e delle Dee, piuttosto che rispetto? E perché mai dovrei avere paura? LOL! io come persona ho aspetti positivi ma anche molto negativi! ciò non fa che rinsaldare il legame del praticante con il divino. Poi io credo nella divinità a 360 gradi, lavoro io stesso non gli aspetti oscuri del divo, sicchè =)

Adori il Dio cristiano? Nope. (è forse una domanda trappola per le bimbeminkia o quell'assurdità della wicca cristiana? gosh!)

Culto di Animali? E Piante? Si, completamente integrato nella pratica quotidiana. Animali e piante intesi come topos di specie, non come singole entità. ex: lo spirito della quercia, del cervo ecc.

N A T U R E

Qual è il tuo rapporto con la natura? Praticamente sono cresciuto tra i boschi e tutt'oggi li considero luoghi sacri per una mia personale pratica quotidiana. Se posso pratico fuori dalle mura di casa, tra le querce, le acacie, gli ontani e i biancospini.

Hai mai fatto Campeggio solo per parlare con la natura? Ho il bosco dietro casa. Eppoi per "parlare con la natura" serve fare campeggio? *dubbi da streghe campagnole*

Descrivere il momento in cui ti sei sentito più vicino a Madre Terra? Il vento fortissimo e le fronde degli alberi. Un temporale nel bosco. La visione degli dei negli occhi di una coppia di giovani caprioli.

Hai un familiare? non credo nei "servi delle streghe", è una visione catto-inquisitoria dell'essere strega.

Avete mai chiesto il potere a un animale in un rituale? Certo, integro la mia pratica con animali di potere; per ulteriori info vedere il Tell the Owl 5 lettera C.

O una pianta? Certo! io incarno la figura popolare della strega contadina in questo XD

Abbracci gli alberi? lo lascio fare alle streghe di città XD se fosse dovrei stare ore e ore nei boschi incollato ai tronchi. Faccio grounding o vi appoggio il palmo della mano, tutto quì.

Dai loro doni? si, ma questa domanda andrebbe articolata meglio XD diciamo che dipende dalla situazione e da cosa ho o non ho bisogno.

Quali sono le vostre piante è fiori preferiti con cui lavorate? Elleboro, rosa canina, erica, belladonna, alloro, rosa, ciclamino, garofano ecc.

Quali sono i tuoi alberi preferiti con cui lavori? Biancospino in primis, ontano nero, acacia bianca, quercia, salice, ciliegio, sambuco, acero ecc.

W H E E L  O F  T H E   Y E A R

Qual è la vostra festa preferita? Beltane

Qual è la festa che ti piace meno? Ostara (troppa pucciosità, troppi glitter)

Hai mai tenuto un rituale in vacanza? oddio non con tutti gli strumenti e tutto l'altare ma qualcosa di semplice si

Mai preso un giorno di assenza dal lavoro per celebrare una festa pagana? No.

Festeggi Yule il 21 anziché il 25? beh? che domanda è? SI! anche se il 25 festeggio la festa commerciale laica in famiglia ^^

Avete mai sentito il velo sottile? si. anche troppo sottile.

Mai ballato attorno all'Albero di Maggio? no, questo mi manca XD

Sai qual è il significato del Maypole e cosa simboleggia? Yes (E quì mi immagino le tredicenni scandalizzate a sapere che il palo è il fallo eretto e la ghirlanda una vagina rispettivamente del Dio e della Dea. SI, i nostri dei procreano!)

Come si fa di solito per celebrare una festività pagana? Che domanda è?? poi quel "di solito"? Bah questa la lascio perchè non capisco effettivamente quel che vuole chiedermi.

D I V I N A T I O N
*PREMESSA: io non utilizzo la divinazione. Preferisco vivermi l'oggi e non perdere tempo chiedendo cosa potrà o non potrà succedere in un futuro prossimo. Si, ci sono streghe che non praticano la divinazione*

Usi Tarocchi? no e non mi attirano

Usi rune? Si ma non come metodi divinatori. Ridurre le rune a mezzi della conoscenza del futuro per me è assurdo.

Utilizzi un pendolo? no.

Usi rabdomanzia aste? EH?? no

Si usa l'astrologia? non ci credo minimamente

Eventuali altre forme di divinazione? no.

S P E L L S

Qual è stato il primo incantesimo che hai fatto? beh ci ha messo anni e anni per avverarsi ed era un incantesimo sull'apertura all'amore della mia persona verso l'esterno.

Qual è stato l'ultimo? un rituale agli spiriti boschivi. la creazione di un giaciglio simbolico e la richiesta di una questione strettamente personale

Mai fatto un incantesimo d'amore? si ma non come lo intende la cultura popolare

Un incantesimo per il lavoro? certo

Un incantesimo di guarigione? si

Qual è stato l'incantesimo più potente che abbia mai eseguito? EHH? e che vuol dire potente? un incantesimo funziona o non funziona. non siamo mica ad Hogwarts XD

Che divinità chiami di solito? se posso non utilizzo nomi

C R Y P T O Z O O L O G Y

*PREMESSA: io credo negli spiriti non intesi come anime ma nella loro accezione latina, cioè come SPIRITUS. Le varie forme concrete-fisiche per me non sono altro che la teorizzazione mentale dei popoli antichi che per ricordarne le loro virtù li hanno congelati in figure topiche. Per me essi però sono mutevoli ed astratti.*

Credi nei vampiri? NOPE. (lol)

Lupi mannari? EH? no.

Mutaforma? dipende cosa si intende per mutaforma. se si parla della pratica sciamanica non fisica allora si

Elfi? >_< no

Fate? no.

Draghi? no.

Ninfe? no.

Spriti? si, si veda sopra.

Sirene? no.

Satiri? Dipende cosa si intende. di satiri in giro ce ne sono parecchi ma di certo non hanno la "forma" convenzionale del mezzo caprone. Per chi ha orecchie per intendere intenda.

Mai "visto" in una di queste? - Cosa intendi però per vedere? la vista fisica data dagli occhi? se è questa no.

Mai usato una di queste nella magia? - usato? semmai chiesto aiuto.

Avete uno di loro come un tutore personale? no

RANDOM

Hai visto un coniglio, un uomo o una donna nella luna? no, la mia fantasia non è ancora a quei livelli XD

Un gatto? no.

Quando si medita, che cosa vedi come luogo felice? un bosco antico, una radura autunnale

Lavori con i chakra? no.

Credete nelle vite passate? si.

Se sì, descrivere brevemente un paio. Non penso che questo sia il luogo adatto dato il fattore IPERPERSONALE delle proprie esperienze passate.

Avete uno spirito guida? in teoria si anche se non si fa più sentire da mesi XD sarà in vacanza alle 5 terre.

E 'sempre amore e luce? SE! io sono molto Schopenhaueriano in questo..

giovedì 6 settembre 2012

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "D"



D” come Dionisismo”, festività e  misteri legati a Dioniso

“Dioniso travolgeva nell'ebbrezza e usava il sarcasmo verso chiunque gli si opponesse. Non proclamò mai di sostenere la parola vera. Era come se la parola si mescolasse al suo corteo fra Menadi e Satiri, ma senza troppo farsi notare. 
Dioniso era intensità allo stato puro, che attraversava e scardinava ogni ostacolo, senza soffermarsi sulla parola, vera o falsa che fosse”.  
(Roberto Calasso)

Questo è un argomento a me molto caro, quasi un ossessione personale per cui cercherò di contenermi nello scrivere più sinteticamente possibile; una piccola annotazione di principio: la ritualità qui descritta in ambito storico secondo lo studio comparativo è tutt’oggi applicata nella pratica religiosa moderna da singole culture o praticanti (anche se con lievi differenze etiche-ritualistiche).

Dioniso, in greco Διόνυσος, è una delle principali figure divine della religione panteistica greca. Il suo culto, sebbene poco noto, risale al periodo pre-ellenico ed è presumibilmente rintracciabile nella divinità indo-ariana “Div-an aosha”, atta a detenere i misteri della bevanda dell’immortalità. Per questa contaminazione socio-religiosa in primo periodo presso i greci Dioniso era simboleggiato dalla linfa di ogni specie vegetale, con il suo ciclo annuale che si espletava nel carattere vegetativo e ctonio (assimilabile cioè alla vita annuale del mondo vegetale legata alla morte ed alla rinascita; cioè alla gemmazione, fioritura, fruttificazione, caduta delle foglie e periodo di riposo).  Nel ciclo stagionale questo Dio era simboleggiato fortemente da ogni singolo fluido vegetale che “generava la vita” e quindi topicamente connesso con diversi frutti stagionali dal sapore dolce come fichi, uva, susine, pesche ecc.

“Dioniso rappresentava quell'energia naturale che, per effetto del calore e dell'umidità, portava i frutti delle piante alla piena maturità. Era dunque visto come una divinità benefica per gli uomini da cui dipendevano i doni che la natura stessa offriva tra questi: l'agiatezza, la cultura, l'ordine sociale e civile. Ma poiché questa energia tendeva a scomparire durante l'inverno, l'immaginazione degli antichi tendeva a concepire talvolta un Dioniso sofferente e perseguitato”

Simboli sacri di questa divinità sono l’Edera, il Mirto, la Vite, il Tirso, il Fallo eretto, il Leopardo/la Lince/il Cervo, il Tamburo, il Vino e le Danze sacre. Per questioni di spazio non mi soffermerò sulla mitologia legata alla vita ed alla fuga di questa figura divina, dato l’ampio risvolto mitico del “Dio nato due volte”.  Non è facile definire cosa sia essenzialmente la figura di Dioniso data le sue ampie sfumature che ricadono anche in concetti contraddittori fra loro; da una parte è il Dio dell’ebbrezza, dell’estasi, del misticismo incontrollato e dell’esplicitarsi del ciclo naturale ma dall’altra riflette caratteristiche terrorizzanti di irrazionalità e ferinità istintuale. I suoi epiteti si riferiscono tanto agli animali che alle piante a lui sacre ma anche ad eventi rituali o aspetti inerenti al rito. È il “tralcio di vite”, “l’edera”, il “vino”, “il diritto d’essere”, “il furibondo”, “lo spirito arboreo”, “il giovane capro”, “il nobile toro”, “colui che si ciba di carne cruda”, “cucito nella coscia”, e anche “la femminella”.  Ed ancora: “colui che è venuto due volte alla porta della nascita”, o “colui che conduce le menadi”, e molti altri nomi ancora legati ai luoghi di culto ed anche ai diversi periodi. Tutti questi epiteti  sottolineano le varie maschere del dio,  differenti aspetti che fanno allusione al mito della sua nascita, ai rituali che si svolgevano in selve e luoghi selvaggi, agli animali sacrificati nei riti di sangue, alle feste orgiastiche in suo nome, alla sua duplice natura legata al ciclo vegetativo di flora e fauna, al suo essere androgino e sessualmente connotato.


Euripide ne “Le baccanti” lo descrive: “Fragrante nelle chiome di riccioli biondi, con le grazie brune – color vino – di Afrodite nei due occhi”; una descrizione anomala se si parla di una divinità maschile dato che il topos maschile divino denotava la figura sacra con simbolismi quali barba, torso irsuto e corpo atletico. Analizzando la figura dionisiaca ritroviamo quindi il potere maschile in connubio con la grazia fisica femminile, un unione pericolosa data la rigidità di genere e di sessualità dei ceti greci. Questi attributi rendono la divinità di Dioniso dicotomica, dalla doppia valenza. Un Dio uomo che possiede l’essere donna; un crogiuolo di realtà in connubio con culti specifici e settoriali che si ritrovano con estrema difficoltà nel vivere religioso e nei riti delle altre divinità greche.

La ritualistica dionisiaca all’istituzione iniziale del culto in Grecia constava di sole donne, dette Menadi; successivamente il termine si ampliò anche ai seguaci di sesso maschile.  Il corteo sacro, formato dalle Menadi, è detto tìaso. Esse si aggiravano di notte sui monti, selve e luoghi selvaggi  con i capelli sciolti, un tirso ricoperto di pampini ed edera, coronate di vite, edera e mirto, erano avvolte da serpenti e vestite con pelle di cerbiatto o cervo, detta Nebride.   Il rito si connotava di danze frenetiche al suono di timpani, cembali e flauti, ed il ritmo ossessivo conduceva le Menadi ad uno stato di totale abbandono, di estraniazione dal reale, di estasi mistica. Ciò le portava a camminare su una gamba sola, a saltare, e slanciare il piede in avanti, a sottolineare uno stato che oggi chiameremmo di trance, ma che nei testi è definito di  “Mania”. Il rito terminava col gesto cruento dello Sparagmòs, ovvero lo smembramento dell’animale, del pasto sacro; seguito dall’Omophagia, cioè il cibarsi delle carni crude.  Benché si parli spesso dei riti orgiastici dionisiaci, bisogna ricordare che il termine orgia non aveva la stessa connotazione di oggi: significava “Rito”. Durante i riti greci, dove le vergini non potevano essere Baccanti come invece poteva succedere in territorio romano, si praticava l’orgia sacra; l’unione sessuale, che poteva anche essere compiuta da una sola coppia di persone, era definita con il termine di rituale dello “Hieros Gamos”. L’applicazione della “magia sessuale” o “rito d’unione” nella celebrazione divina è da sempre stata utilizzata nelle culture antiche ed è divenuta taboo solo con l’avvento cristiano cattolico di modificazione (indotta) dell’etica sociale. Tornando alla struttura del rito è bene notare come Dioniso venisse assimilato nella carne che le Menadi assumevano durante la celebrazione, ricevevano in sé  la forza del Dio prima ucciso e poi divorato. La scelta dei monti, la natura selvaggia, l’istinto bestiale, caratterizzano il fulcro del culto. Le menadi così annullavano la loro identità, per divenire loro stesse il Dio, assimilato tramite il cibarsi della sua stessa carne.
 
L’autore  Demostene accenna al “Rito di iniziazione” che cominciava con la lettura di un libro sacro; ed accenna all’atto del “Nebrizzare”, alludendo alla pelle del cerbiatto (probabilmente una cerimonia di caccia e vestizione); parla di “Craterizzare”, ossia usare il cratere, coppa in cui si mescolavano acqua e vino; e di “Catharmos”, purificazione, in cui il corpo dell’iniziato, disteso a terra, veniva massaggiato con terra e farina, a simboleggiare il rinnovo fisico e immateriale. A questo punto l’iniziato si alzava e diceva: “Sono sfuggito al male e ho trovato il meglio”, e i fedeli cantavano ritualmente.  Durante il giorno, gli iniziati scendevano nelle strade in processione, col capo coronato di finocchio e rami di pioppo bianco. Il capo spirituale, con dei serpenti attorcigliati sulla testa, li precedeva gridando: “Evoè, mysti di Sabazio”, oppure “Hyès, Attès, Attès, Hyès”.   Tra le nomine del primo del tìaso compare quella di Capo dei Misteri, Portatore del Latte, Portatore delle Torce, Porta-Canestro e Portatore del fallo. Infatti, elemento simbolico fondamentale era il Liknon, un paniere o cesta, all’interno del quale veniva trasportato un grande fallo, simbolo non solo di fertilità, ma anche della vita che si conquista attraverso la morte.  Le feste dedicate a Dioniso erano:  Le feste dette Dionisie ai campi o “Dionisiae Rusticae” che avevano luogo nel mese di Posideone (dicembre-gennaio), le “Lenee” che si celebravano nel mese di Gamelione (gennaio-febbraio), le “Antesterie” ovvero le feste più famose che si celebravano dall’11 al 13 del mese di Antesterione, all’inizio della primavera e le “Grandi Dionisiache” nel mese di Elafebolione (marzo-aprile).


Da Wikipedia: “Divinità enigmatica e ammaliante, Dioniso si faceva beffe di ogni ordinamento e convenzione, sconvolgeva le coscienze, sgretolava regole e inibizioni riconducendo gli uomini, in un vortice delirante, al loro stato di purezza primordiale. Per il filologo Walter Otto rappresenta “lo spirito divino di una realtà smisurata” che si manifesta in un eterno deflagrare di forze opposte: estasi e terrore, vita e morte, creazione e distruzione, fragore e silenzio, è una pulsione vitale dirompente e selvaggia, che affascina e inquieta, la sinfonia inebriante dell'universale realtà del cosmo. Per Károly Kerényi “dove regna Dioniso la vita si rivela irriducibile e senza confini”. Quale divinità della forza vitale, dell'impulso, dell'ebbrezza e dell'estasi divenne oggetto dell'analisi del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che contrappose lo Spirito dionisiaco allo Spirito apollineo”.


Ci tengo a precisare che la Figura di Dioniso greco è ben diversa dal Bacco latino e queste due non devono essere confuse tra di loro anche se risultano la modificazione di uno stesso personaggio mitico all’interno di un contesto culturale. I valori e gli attributi dionisiaci sono nettamente diversi da quelli bacchici ed appartengono a contesti sociali differenti.  La figura in alto rappresenta il Dioniso rinvenuto nei mosaici pavimentali del “Santuario di Dioniso” a Delo.