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sabato 6 luglio 2013

Tecnicismi e Comunicazioni




Ho eliminato TUTTI i post di 44 day of witchery dato che alcuni link delle immagini non erano funzionanti ed altri mi davano presenza di virus. BAH! 

Il blog sta diventando un angolo polveroso, ne sono conscio. Sto pensando di trasferirmi ad agosto e chiudere definitivamente questo. Vedremo. The witch is moving, maybe. 

mercoledì 5 giugno 2013

Figlio di Zeus, dio dall’aspetto di toro: alcuni dicono
che a Dracano Semele ti concepì e ti partorì a Zeus
signore del fulmine, altri a Icaro battuta dai venti,
altri a Nasso, altri lungo il fiume Alfeo dai gorghi profondi;
altri affermano che tu sei nato a Tebe, signore.
Mentono tutti: il padre degli uomini e degli dèi ti generò
lontano dalla gente, nascondendoti a Era dalle bianche braccia.
C’è un altissimo monte chiamato Nisa, fiorente di boschi,
al di là della Fenicia, vicino alle correnti dell’Egitto …

“… a lei offriranno molte statue nei templi.
E poiché ti tagliarono in tre parti, ogni tre anni
gli uomini ti sacrificheranno perfette ecatombi, per sempre”.
Così dicendo, il Cronide accennò con le sopracciglia
scure: i capelli divini ondeggiarono sul capo immortale
del sovrano, che fece tremare il vasto Olimpo.
Così parlò il saggio Zeus, e diede un ordine con il capo.
Siimi propizio, dio dall’aspetto di toro, che dai la follia
alle donne: noi aedi ti cantiamo all’inizio e alla fine,
e chi ti dimentica non può intonare una sacra canzone.
Così ti saluto, Dioniso dall’aspetto di toro,
e saluto tua madre Semele, che è chiamata Thyone

giovedì 25 aprile 2013

Francamente dopo poco perdi il senso delle cose, del tempo, del "fare umano". 
L'attesa di un tuo cazzo di messaggio mi fotte la testa e seppur c'è il sole oggi non sono ancora uscito di casa. 
Ah, la luna piena, puah. Sempre la solita fottuta preghiera da anni. 

COMUNQUE ci si stampa un bel sorriso sulla faccia e si va avanti! Francamente non so di cosa ne sarà del mio futuro. 

lunedì 18 marzo 2013

L'attesa

Lo vedeva, riusciva a percepirlo ed in cuor suo lo sapeva. Era stato un deficiente, uno stupido, si era innamorato di quel ragazzo semplice, chiaro e cristallino come la terra che aspetta l'aratura. Quel ragazzo se ne era andato, lui era stato così freddo e non si parlavano più. Quel ragazzo gli mancava. Certo, lo aveva idealizzato, e certo, lui era ben più materico del ricordo di lui. 
Gli mancavano quei momenti, le cigliege, i pianti a causa dei suoi, quei mezzi litigi soffocati ed i baci che non poteva fare a meno di dargli. Mi o gli mancava la sensazione delle mani intrecciate mentre i pii passanti ci guardavano male, mi mancava e manca quella pelle calda ed il lento pulsare del tuo cuore nel sonno. Quel corpo abbracciato al mio, in una serata torrida di luglio e quelle rosse punture di zanzare. Non vi era cuore più felice e più preoccupato di perderti. 
Ora, in una fredda mattina di marzo, tra la pioggia ed il vento mi sembra di stare in attesa, aspettare un treno che mai arriverà così perfetto come lo eri tu. Vero è che tu sei felice ora, e forse è meglio così.
Io vivo nel perenne autunno, dove le foglie si staccano e muoiono lentamente ed è stato proprio il tuo autunno ad attirarmi. Le frasi che non ci siamo mai detti, le mezze parole mentre te, A., dormivi profondamente. Ora devo e voglio ricercare la mia felicità, per me, per la mia stupida testa e per arrivare a viversi pienamente l'oggi.
sei stato una delle cose più importanti, il tuo ricordo starà per sempre nella mia mente. ti bacio, se ancora posso, e ti saluto. Un fiore d'inverno. 
                                                 P         

venerdì 1 marzo 2013

Ars sanguinis e cazzate random

*allontanatevi, oh voi, che avete pregiudizi mentali*



Che devo dire. è un periodo complicato e non ci sto molto con la testa. Questi due corsi di laurea mi stanno assorbendo la vita ed il tempo ed arrivo a sera che non ho neanche la forza di finirmi il libro di Gardner. Che poi penso, chissenefrega, non devo dare retta alle voci ma poi c'è quella orrenda vocina nella testa che ti elenca tutto ciò che non hai fatto come "lista del giorno". Sicchè fanculo, ieri notte in luna calante ho lavorato ad un progettino magico, se così vogliamo chiamarlo; l'ars sanguinis. Prima esperienza con questo tipo di pratiche (e qui mi immagino i neopaganini minchiosi gridare allo scandalo per una pratica così "barbara" e "diabolica"). Io rispondo: affanculo. Sinceramente sono stanco di questo clima di buonismo e di "seguiamo il branco" che si sta instaurando sia sul forum ma soprattutto sul gruppo facebook, vedasi la quasi scomparsa dei miei interventi e dei commenti. Si salva solo la MWL, per ora, non so che sorte ne sarà, però vediamo. 
Comunque rimanendo sul topic mi sono intestardito, una settimana fa, nel voler creare un libretto delle credenze del mio paese, un compendium delle tradizioni, se così lo si può definire. Speso in totale un euro e cinquanta cent, tres chic! Avevo pensato di fare una dedicazione ed una benedizione di questo quadernetto, prima di scriverlo essenzialmente e ieri sera, dopo essermi bevuto due calici di sidro mi è venuta un'idea, un sigillo di sangue, perché no, pratico, unico ed essenzialmente mio. Devo ringraziare le gengive infiammate per le troppe sigarette, sangue e saliva al giusto scopo. 

Oggi giornata assurda tra lezioni, piano di studi e un ragazzo che non posso avvicinare. Ripeto: affanculo. Comunque oltre ai pensieri sconfusionati devo dire che non c'ho più voglia, dell'uni, dello stage, delle persone qui a Roma. Desidero la Norvegia, o meglio desidero il pensiero di me in Norvegia, specialmente a Bergen. I sogni nel cassetto che piano piano sta diventando una cabina armadio.  

giovedì 21 febbraio 2013

Tell The Owl - Argomento ⑫: Oltre la vita



Ultimo argomento per il gufo e non si poteva scegliere tema più specifico per la fine di questo ciclo di approfondimenti. L'oltre la vita, la credenza o meno della reincarnazione e della funzione psicopompa-trasmigratoria dell'anima.

Premetto che nel mio percorso mi sono da subito avvicinato al tema della reincarnazione, addirittura quando ero ancora legato al cristianesimo (circa a 10-11 anni) il concetto della vita eterna dopo la morte, le idee del paradiso e dell'inferno mi stavano scomodamente strette. Tutto era troppo lineare, una concezione che non è mai stata mia: tu vivi e poi vivrai ancora per sempre in un altro luogo. No, io ho sempre osservato il vivere come un processo ciclico. Mi ricordo di aver formulato il mio primo pensiero sulla reincarnazione quando ero solo un bambino (ad ancora non avevo conosciuto il paganesimo) osservando il ciclo stagionale e le foglie degli alberi che d'autunno cadono, marciscono e generano il nutrimento per la nuova vita. Di lì a qualche mese comprai un libro, "Reincarnazione" di Manuela Pompas, un volume stampato addirittura nel 1988. Descriveva a colori vividi l'esperienza autobiografica dell'autrice, a volte con toni fin troppo romanzati, basandosi sui concetti di regressione ipnotica e terapia cognitiva. Mi aiutò a dare un primo approccio a quello che per me era un mondo tutto da scoprire, una realtà esperienziale da vivere.

Col tempo e con la pratica religiosa (non che con sporadici ricordi) ho cominciato a teorizzare una semplicistica teoria sulla trasmigrazione dell'anima. Dato che per le mie esperienze personali i ricordi si distanziano di parecchio tempo, da un minimo di 50 anni ad un massimo di circa 250, da una vita ad un'altra sono stato portato a pensare che la parte immortale del se rimanga per qualche tempo legata alla materialità  Ora, io non so se essa possa incarnarsi nella summerland o in qualsiasi altro posto ma sono convinto che ci sia dato il tempo di riflettere sulle azioni compiute. Personalmente penso che il contatto con i defunti possa avvenire solo in tempi relativamente ridotti dopo la scomparsa degli stessi, io personalmente non ho mai praticato seriamente lo spiritismo quindi rimando l'argomento per chi è più ferrato di me =)
Per me l'individuo è portato, con l'esperire delle vite, a vivere ed incarnare la maggior parte delle situazioni esistenziali e nello sperimentare le più diverse esperienze e situazioni, per me è questo il meccanismo di maturazione del se-anima e il concreto elevarsi a ranghi più "puri".
Preciso che io non condivido la reincarnazione come esperire gerarchico che vede gli animali, le piante e i minerali come enti che abbiamo già superato e quindi già vissuto; è una visione antropocentrica che lascio volentieri al cristianesimo.

Sono conscio che il testo è fortemente connotato da cesure tematiche e non risulta concatenato ma ho tentato di dare una linearità di pensiero dato che l'approccio soggettivistico a queste tematiche è sempre estremamente difficoltoso.
E siamo arrivati, alla fine, al finire del gufo =(
Così lo vedo, spiegare le ali e volare via


martedì 5 febbraio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "Z"


"Z" come "Zoomorfismo Dionisiaco", il culto del toro, del capro, del serpente e della pantera come simulacri del Dio-Nato-Due-Volte

"Dioniso travolgeva nell'ebbrezza e usava il sarcasmo verso chiunque gli si opponesse. Non proclamò mai di sostenere la vera parola. Era come se la parola si mescolasse al suo corteo fra Menadi e Satiri, ma senza troppo farsi notare. Dioniso era intensità allo stato puro, che attraversava e scardinava ogni ostacolo, senza soffermarsi sulla parola, vera o falsa che fosse"
Roberto Calasso, l'ardore, p. 421

Con il termine Zoomorfismo si intende l'attribuzione di caratteristiche animali o attributi appartenenti al regno della fauna a persone, enti o oggetti, in particolare questa terminologia è spesso stata associata alle divinità. ed alla loro manifestazione fisica. La derivazione greca del termine è composta da due parole:  ζῷον, cioè animale e  μορφή, forma. La zoomorfia religiosa è forse una delle attribuzioni sacre più antiche e meglio conservatasi nel corso della storia antropologica umana, i primi esempi risalgono infatti al primordiale culto maschile del cacciatore-cervo e della sua componente femminile legata alla vegetazione e riproduzione autogenerativa. Uno degli esempi più comuni del culto zoomorfico è dato dal zoolatrismo egizio, in cui la maggior parte delle divinità recava in se attributi animali che ne sottolineavano il grado, il potere e la valenza sul ciclo stagionale e sugli ambiti in cui operava.  Antropologicamente lo zoomorfismo divino è una sublimazione delle caratteristiche animali settoriali e del ruolo che la comunità riveste a questo animale nell'elevazione a figura divina. Ciò però non è da confondere con il mero totemismo, lo zoomorfismo tende a sublimare e quindi a rendere un unico essere il divino semplificandone la funzione (e l'approccio da parte della comunità) e fornendolo cioè degli attributi sociali condivisi dal gruppo in comunitario vicino allo "stato naturale". Esemplificando il divino la zoomorfia coniuga linguaggi comuni e socialmente capibili da tutti a ragionamenti e figure più astratte in modo da coinvolgere appieno la comunità in logiche di stampo più elitario. 

Se si parla di Zoomorfismo Dionisiaco si intende quindi centrale nel dibattito la figura di Dioniso quale divinità greca dai molteplici aspetti. Parlo della versione greca del mito dato che la quasi totalità degli aspetti misterici del culto in epoca romana sono degenerati in fenomeni di orge sociali e banchetti per ubriaconi ed inoltre personalmente ritengo la divinità bacchica sia totalmente differente rispetto ai connotati greci, basti pensare, con un esempio concreto, come la filosofia dell'Otium abbia plasmato gli aspetti divini di questa religiosità. Prendendo comunque in analisi i vari aspetti antropomorfi c'è da dire che Dioniso si lega principalmente a quattro animali ed è spesso è raffigurato con essi o con parte di questi ultimi; essi sono: ,l Toro, il Capro, il Serpente e la Pantera. Andando per ordine cercherò di sviscerare questi aspetti.

Il Toro è uno degli attributi più spesso attribuiti alla raffigurazione dionisiaca anche se questa va in netto contrasto con la rappresentazione di Dioniso come Dio della vegetazione (anche se l'opposto è una delle attribuzioni che spesso vengono associate a questa divinità). Veniva chiamato Bougènes in onore del simbolo del toro (questo nome può volere dire "nobile toro" o "figlio della vacca") ed aveva l'attribuzione di Divino bicorne. Era credenza che si manifestasse, a determinate persone, sotto le spoglie di toro bianco dalle lunghe corna ricurve. A Cizico veniva rappresentato con queste sembianze soprattutto negli affreschi. Uno dei ritovamenti più famosi dell'antichità legati al dionisismo è appunto Dioniso Cornuto, una statuetta che lo mostra rivestito da una pelle di toro che lo cinge con la testa cornuta come cappuccio e gli zoccoli che gli cingono i fianchi. Durante l'inverno gli abitanti di Cineta erano solite celebrarsi le feste dionisiache in cui gli uomini, spogliatisi ed untisi con dell'olio apposito venivano spinti dal Dio a scegliere tra la mandria un toro da condurre al tempio che si faceva effige vivente della divinità ripercorrendo il culto dell'uccisione-sbrindellamento della divinità. Si era soliti cantare: 

"Apprestati oh grande Dioniso. Al tuo sacro tempio presso il mare vieni. Giungi con le Grazie, al tuo tempio. Rapido, lesto sui tuoi piedi taurini. Oh toro aitante, oh toro aitante." (Frazer) 

sembra che il toro fosse coinvolto anche nelle ritualità dello Sparagmos (lo smembramento e l'uccisione a morsi) e dell'Omophagia (lo sbranamento della carne cruda). Il toro di per se rappresenta la fertilità dell'atto riproduttivo e la potenza fisica (sarebbe meglio parlare di prestanza), è sia attribuito al maschile che al femminile nell'antropologia religiosa e ciò rappresenta in pieno l'ibridità sessuale di Dioniso. IL toro come simbolismo è legato a doppio filo alla matericità e alla sessualità, è stabile, fisso, immutevole. 

Il Capro è forse l'attributo dionisiaco più conosciuto, più disprezzato dato l'ampio volume di pregiudizi legati a questo simbolo. Dioniso come capro veniva chiamato Eripohos (giovane capretto) o Melànaigis (il Dio con la nera pelle di capra). Questi attributi vengono, come nel caso del toro, dalle apparizioni del Dio fasciato dalla pelle di capra riportate nel culto ateniese. Un culto legato a Dioniso Eriphos era presente nel distretto vinicolo di Fliunte in cui una massiccia statua di bronzo a foggia di capro veniva ricoperta di foglie di vite per proteggere i vigneti dalla ruggine. Nel mito inoltre Dioniso viene trasformato da Zeus in capretto per sottrarlo alla collera di Era. L'immolazione di un capro dalla pelliccia nera era uno dei sacrifici più utilizzati nel dionisismo antico ed è proprio da quest'usanza che deriva la terminologia "capro espiatorio". Una similitudine inquietante con il culto cristiano è data proprio dall'usanza del sacrificio rituale. Il Dio veniva immolato e letteralmente veniva investito della carica di mangiare la propria carne. Questa volta non in senso figurativo. Il capro è da sempre un simbolo di grande ambiguità per i suoi occhi, simboleggia le due metà inscindibili del se: la parte ferina (o oscura) e la parte razionale (o luminosa). 

Il Serpente è il simbolo meno utilizzato ma più antico legato a Dioniso, veniva chiamato, con questa attribuzione, Perikionos (che si avvinghia alla colonna). In un passo delle Dionisiache di Nonno di Panopoli si legge che fu il serpente a indurre Dioniso a gustare l’uva, a far divenire Dioniso ciò che è (anche qui si notano inquietanti assimilazioni risemantizzate dal culto cristiano). Spesso l'effige di Dioniso era rappresentata con un serpente bianco sulle spalle, fluente e attorcigliato ad un braccio. La serpe è collegata al culto dionisiaco soprattutto per la sua natura ambigua, ferina e divina, letale e suadente ma soprattutto perchè profondamente ctonio e indi legato ai cicli di morte e rinascita. Nelle Baccanti di euripide si legge un passo sulla ritualità menadiane, le menadi erano infatti solite nelle ritualità sfrenate, mettere a rischio la propria vita con la manipolazione di serpi velenose. Dato che il dio era il serpente era un grande atto di fede liberarsi ed affidarsi completamente al dio incarnato in forma di rettile per affidargli la propria sopravvivenza. Un passo mitologico dice che le baccanti che venivano morse e sopravvivevano al veleno ricevevano in se il fuoco dionisiaco. In epoca più tarda le serpi (spesso vipere) vennero sostituite con serpenti privi di veleno.

La Pantera è, infine, l'animale che compare con maggior frequenza nei miti dionisiaci e il Dio si connotava, con questo attributo, dell'appellativo di Pyrigenos (nato dal fuoco) e Bromios (rumoroso, dio del fulmine). La pelle di pantera era l'abbigliamento più spesso associato al Dio e, in occasioni tarde del culto, anche ai suoi seguaci. il carro nuziale in cui salì dopo le nozze con Arianna era appunto trainato da sei pantere. La pantera era associata a Dioniso per la sua bellezza ed estrema ferinità ed una versione del mito racconta che il legame tra il vino e le pantere poteva permettere di catturarle. Il mito dionisiaco racconta inoltre che il Dio fece impazzire le Miniadi in Beozia grazie alle sue apparizioni come toro e pantera. 

“Lo spirito dionisiaco di una realtà smisurata che si manifesta in un eterno deflagrare di forze opposte: estasi e terrore, vita e morte, creazione e distruzione, fragore e silenzio, è una pulsione vitale dirompente e selvaggia, che affascina e inquieta, la sinfonia inebriante dell'universale realtà del cosmo"
Walter Otto
    


lunedì 4 febbraio 2013

Tell The Owl - Argomento ⑧: Viaggi tra i mondi


Argomento 8, ostico, molto molto ostico. Viaggi tra i mondi, trasmigrazione dal corpo e conoscenza da mondi altri. Premetto che ho un'esperienza molto, molto misera rispetto a questo tipo di pratiche che considero un'evoluzione sciamanica o proto-meditativa per ricevere conoscenze da esseri altri, se così possiamo definirla. La vedo come una pratica avanzata e applicabile in un percorso di allenamento costante, non una cosa da tutti i giorni, indi, vi risponderò con la maggior sincerità possibile.

La prima esperienza di realtà altre (termine orrendo, I know, ma non so come altro definirle, per me non è un vero e proprio "viaggio" ma quanto un esperire concreto nella propria mente) è stata durante le sessioni di meditazione in cui cercavo di accedere allo stato profondo della meditazione per la ricerca dello spirito totemico grazie all'immobilità totale, all'unguento e alla mia fedele traccia audio di tamburi sull'mp3. Devo dire che non sono mai riuscito a disconnettere coscienza vigile e meditazione del se, lo stato mentale e psico-fisico raggiunto era sempre simile al momento in cui ti rendi conto che stai sognando e che tra poco ti sveglierai, un po' di qua (coscienza del corpo) ed un po' di là (coscienza del se) insomma. By the way il luogo topico è solitamente lo stesso, mi trovo in una radura in posizione fetale su una pietra orizzontale poggiata sul terreno, è autunno e intorno a me vedo colori caldi. C'è sempre una porta di legno consunto incastonata nella roccia di una collinetta e dietro di essa le cose sono diverse, cioè non c'è un vero e proprio luogo fisico ma quanto l'intento della meditazione (so di risultare confuso e poco capibile ma non so in che altro modo spiegarvi..).

L'esperienza con le vite passate per me non è un "viaggio in altri mondi", io, per quello che so, dal mio piccolo, non ho mai visto il mio ex corpo, il mio ex volto. Delle mie vecchie vite ho avuto dei flash (alcuni sorti spontaneamente ed un altro richiamato con la meditazione, cosa che mi ha lasciato sfinito per 2 giorni), durati il tempo di un attimo, sempre dal punto di vista dei miei ex occhi. Anche questo punto non è molto capibile per chi vede la cosa dall'esterno, I know.

Il lavoro con i sogni per me è problematico, non che ci abbia mai lavorato con serietà, sia ben chiaro; quella poca, pochissima esperienza che ho si basa su frammenti o dettagli sognati in modo molto spontaneo. Un segno di riconoscimento dagli altri sogni per me è la presenza degli odori e dei profumi. Spero di non apparire come un malato mentale a scrivere queste cose, capitemi.

Detto ciò vorrei concludere dicendo che questo è un topic molto in voga oggi, qualsiasi persona-ragazzina-stregawiccosaminchia si vanta oggi millanta esperienze di viaggi astrali dove vola su draghi, cavalca unicorni e incontra fantomatiche ave streghe (che guarda caso sono tutte nonne figlie dell'arte tramandata in linea matrilineare). NO. Per me questo tipo di pratiche è tutt'altro che "ok, mi faccio un viaggetto ad Ásgarðr e ci vediamo tra mezz'oretta".  Io riporto la mia esperienza, anche se minimal, per usare un eufemismo, costatami però tempi infiniti di meditazione e fottuto addormentamento delle articolazione dall'immobilità forzata. Ciò che ho constatato, però, e qui cercherei un riscontro, è la stanchezza fisica (ma non mentale) che ti resta dopo questo genere di esperienze. è così anche per voi? Detto ciò concludo questa serie di vaneggiamenti ed aberrazioni mentali sui mondi altri. Un bacio, P.

mercoledì 30 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "Y"


"Y" come "Ὑάκινθος", il mito di Giacinto ed il simbolismo dello Hyacinthus orientalis

"E già il sole era a mezza strada tra la notte ormai trascorsa e quella in arrivo, 
a uguale distanza l'uno dall'altro: Febo Apollo e Giacinto si spogliarono, luccicanti d'olio, 
dando inizio a una gara di lancio del disco"
Ovidio, Le Metamorfosi

La parola greca Ὑάκινθος, letteralmente traducibile con il nome Giacinto, riporta ad una figura maschile della cultura greca e del mito ellenico connotata dalla somma bellezza fisica, dal carattere dolce e dalla narratologia legata ad Apollo. Il culto di Giacinto, risalente al periodo miceneo sorse con una sua connotazione ritualistica a sudovest di Sparta, con un tempio nella città di Amykles dedicato ad Apollo che contiene, appunto, il Temenos, cioè il tumulo funerario di Giacinto. Questo tumulo funerario aveva funzione di basamento per l'enorme statua apollinea, a simboleggiare l'eroe che regge il Dio affranto. Il  culto giacinteo si basava sulla rivisitazione della festività funeraria "Hyacinthia" che si svolgeva tra la primavera e l'estate; essa durava tre intere giornate: la prima era basata sulla commemorazione della morta dell'eroe e l'offerta semplice di pani sacrificali in cui nessuna decorazione era consentita, la seconda giornata era fondata sulla rinascita in forma floreale in cui i giovani uomini ed i ragazzi suonavano la cetra, l'aulos e si esibivano in canti devozionali; erano comprese in questo giorno anche gare e corse. La terza giornata era la più solenne in cui si celebravano i misteri giacintei ed in cui le donne donavano al Dio affranto tuniche di lino bianche in segno di cordoglio e devozione. 

Il mito di Giacinto è una mitologia a se stante nell'universo greco, questo perché esula dai topici aspetti socio-antropologici e dai costumi dell'epoca. Il mito narrato di per se è molto breve ma denso di significato. 

Giacinto, figlio di Amicla e Diomeda o, secondo altri, di Pierio e di Clio, fu amato da Apollo e ricambiò il suo amore. Zefiro, il vento dell'ovest, ammaliato dalla figura di Giacinto e dalla sua fisicità si lasciò pervadere da estrema gelosia per non poter possedere il ragazzo. In una giornata estiva Apollo e Giacinto si sfidarono al lancio del disco e così, una volta spogliatisi ed untosi di olio d'oliva Apollo lanciò il discus. Giacinto corse per afferrarlo ma il vento dell'ovest, geloso e irato della solitudine, deviò il lancio e ferì mortalmente l'eroe alla tempia. A nulla valsero le abilità curative di erbe di Apollo e così Giacinto morì. Furioso per la morte dell'amato Apollo pretese da Ade la restituzione dell'anima dell'amato e non potendogli ridare forma umana lo trasformò nel fiore che porta il nome di Giacinto. Uno strascico della leggenda mitica narra che Apollo versò sul fiore lacrime amare che diedero la forma e il colore attuale alla pianta selvatica,  Il Dio si chinò inoltre sul fiore e tracciò le lettere del suo cordoglio, tracciate secondo la leggenda con la foggia di "AI". 

Questa mitologia è stata, nel corso della storia, censurata e rimodellata poiché nella sua versione originaria conteneva un tipo di amore, quello omosessuale, non accettato nella società greca se non nel rapporto di amicizia-intellettuale tra discipulo e maestro. Ed è proprio da questo che il sociale prese le distanze facendo diventare Apollo e Giacinto semplicemente amici. Il fatto fondamentale, che mi preme sottolineare, non è solamente la vicinanza fisica tra i due amanti ma piuttosto un'affinità emotiva come il mito suggerisce con le lacrime di Apollo. l'usanza del piangere il defunto era infatti una connotazione tipica dei costumi delle diverse tipologie d'amore verso lo scomparso (famigliare o relazionale). Un altro fatto da rilevare è l'ordine impartito da Apollo ad Ade, la divinità infera; il fatto di pretendere l'anima dell'amato è un segno effettivo dell'attaccamento emotivo, e quindi non solo erotico, dei due personaggi. "Il significato più profondo del mito è, dunque, in questa nuova vita di Giacinto, attraverso la trasformazione in fiore post mortem, che gli garantirà per sempre il ricordo e la celebrazione nel culto. Giacinto Non Omnis Mortuus Est, se, ogni volta che si celebreranno le feste giacinzie, il suo nome sarà invocato e ricordato insieme a quello di Apollo, e il dio sarà sempre unito a lui, anche ora che l’amato non c’è più, e, se non ha potuto godere di una felicità mortale, non concessa agli Dei, che sono immortali (avrebbe voluto dare la vita per Giacinto, perché non morisse), potrà godere, ora che Giacinto è nell'aldilà, di quella eterna." Dott. Viparelli

"Tu spiri, o Ebàlide, privo del fiore della giovinezza 
e io vedo la tua ferita, oh mio diletto!.
Mio crimine è il tuo dolore, della tua morte
la mia destra è colpevole, autore ne sono!
Ma è colpa mia? Colpa di aver giocato? Amato?
Se potessi, morendo con te, con la mia vita pagare!
Poichè ne sono impedito dalla legge del fato, 
sempre nel cuore ti avrò, eternamente sulle labbra!
Te celebrerà la lira percorsa dalle mie dita,
te i miei canti celebreranno,
e tu, nuovo fiore, figurerai i miei lamenti."




lunedì 28 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "X"


"X" come "Xindhi" o "Xindha" gli spiriti naturali nel folklore albanese

"The maidens went back to bed, but Tanusha could not sleep. Suddenly, she noticed a ring rolling across the floor. Picking it up straight away, she saw on it the image of a youngman. Tanusha wondered where she had seen the face before and recognized it as that of Halil. 
Just as she was about to speak, Halil said to her, “It is I, Halil. Do you believe me?” “How did you get here? You must think you have three hundred souls. 
But come in. Either we will escape for good or we will die here together"
Estratto da una fiaba albanese

Con il termine Xindhi si intende, nella popolare concezione folkloristica albanese, una particolare connotazione di spirito naturale, definito in alcune versione del mito come elfi o creature simili che vivono a contatto con le persone. La parola Xindhi evoca gli spiriti di sesso maschile dediti a mansioni di caccia ed agricoltura mentre il termine Xindha definisce quelli femminili che si occupavano della casa e dei figli. 

Si sa ben poco del folklore albanese, solo negli ultimi anni hanno cominciato a trapelare informazioni portate da studi antropologici o ricerche di settore. Le informazioni più conosciute su queste connotazioni popolari riguardano molto più le feste tradizionali ed i canti popolari più che i racconti tramandati oralmente. Le tradizioni legate agli Xindhi che sono pervenute fino a noi sono però bifronti: da una parte troviamo versioni in cui questi spiriti sono benevoli e danno una mano alla famiglia nello svolgimento delle mansioni quotidiane e dall'altra parte troviamo versioni in cui questi esseri sono definiti da una natura maligna e violenta che, se provocati, oltre a compiere dispetti come nelle tradizioni inglesi, portano l'individuo alla pazzia o alla morte. 

Da questa credenza popolare sorsero una lista di situazioni in cui aumentare l'attenzione per evitare un contatto con lo Xindhi; per esempio fare attenzione ad una porta che cigolava senza essere toccata o addirittura si chiudeva da sola oppure la fiamma di una candela che tremolava e si spegneva. I rimedi popolari contro questi spiriti si differenziarono a seconda delle zone di appartenenza di questa credenza ma spesso coinvolgevano apposite erbe da inchiodare all'uscio o portare con se. 


Tell The Owl - Argomento ⑪: Genius Loci



Toccami con le tue mani muschiate
sfiorami con la brezza, accarezzami con le tue fronde.
Il fango sotto i miei piedi nudi, 
il cielo amaranto di un tramonto estivo.

Mi sono sempre considerato una strega contadina, se così vogliamo applicare la definizione. Fin dagli albori della mia pratica, quando ancora non ero pagano ne sapevo che cosa volesse dire essere pagano sono sempre stato vicino ai boschi, al selvaggio e al non toccato dall'uomo. Mi trasferii a 9 anni in una casa in sasso, dove attualmente vivono i miei, ai margini del paese dell'alta toscana circondato da colline boschive. Ho sempre praticato una qualche forma di paganesimo, anche se non conscio. A dieci anni preparai una specie di altare fisso, sulle sponde di un ruscello, ricavato da un piano naturale di arenaria, una cosa semplicissima dove portavo piccole offerte per i fantomatici spiriti del bosco. Pur andando da solo nel bosco i miei accettarono questa stranezza, probabilmente lo considerarono solo un gioco che col crescere sarebbe scomparso. Da allora sono passati tredici anni, e le credenze per gli "spiriti boschivi si sono conservate vive".

I miei boschi li chiamo affettuosamente Nemeton o Drynemeton dato che è il luogo maggiore della mia pratica. Sono diverse colline inframezzate da un piccolo torrente che ha il nome dialettale di Magnola. Sono boschi di farnie, biancospini, sambuchi, acacie, olmi e ontani, solcati da pietre e sentieri creati dagli animali. Vi vivono cinghiali, caprioli, lepri, serpi, poiane, falchi e diverse specie di uccelli oltre a tutto un'ecosistema fatto di insetti e pesci. Lo considero il mio luogo, la mia "casa". In essi ho sempre avuto un culto per gli spiriti del luogo (che per me sono PLURALI e non singolari) e gli spiriti degli enti. Vivo quei boschi in un costante animismo, da essi ricevo doni ogni volta che li frequento, ogni volta che faccio una passeggiata o mi stendo al sole tra le foglie. Molte volte mi sono stupito di quante cose gli spiriti mi offrono (che sia qualcosa di materico come un osso, un fiore, una pianta o una piuma ecc oppure un momento particolarmente rilevante come una folata particolarmente violenta di vento che fa letteralmente cantare gli alberi intorno a me). Spesso mi trovo a che fare con la natura ferina delle cose dove o si mangia o si è mangiati, l'istinto della caccia animale. Non ho mai ricevuto torti o altri generi di malfatti dagli spiriti del bosco, anzi mi hanno protetto in diverse situazioni. [Non volendo risultare un pazzoide schizzato il tutto è da leggere con le dovute precauzioni mentali, vi dico solo che il tutto coinvolge un cacciatore di frodo e una pallottola per cinghiali]. Il fatto è che nei boschi mi sento protetto e, per quanto posso, cerco di proteggere io stesso gli spiriti che vi abitano. Spesso ho infatti fatto incantesimi contro quei cazzoni dei cacciatori, chiamatela magia di bando o come cavolo volete, cercando di preservare la fauna locale.  I boschi sono il luogo privilegiato della mia ritualità. 

  

Per me gli spiriti boschivi sono vivi e mutevoli, non congelabili o fissabili in qualsivoglia forma, sono parte integrante e pulsante del meccanismo ciclico stagionale. Non li chiamo con nomi, essendo esseri selvaggi, mi appello a loro nella loro totalità, nella loro mutevolezza. Per me *e qui mi sembra di stare dentro il film Pocahontas* ogni cosa e sacra e ha un'essenza vitale pulsante, dal bosco io ricavo gli strumenti, le erbe, le ossa ed il legno necessario alla pratica nell'equilibrio di ciò che si potrebbe definire "sacrificio". Per riprendere lo schema di SdA sui Geni Loci devo ammettere di essere molto geloso di loro e non essendo l'unico a potervi accedere sono sempre ostinatamente contrariato dalle rare presenze umane che incontro durante l'allestimento rituale (ancora di più se ho già allestito lo spazio rituale e questi si fermano a chiederti che cosa stia facendo con le candele accese in mezzo al bosco). 

Beh, temo di aver divagato anche troppo, pongo definitivamente fine al mio sproloquio sugli spiriti boschivi. Un bacione streghette!

venerdì 25 gennaio 2013

Tell The Owl - Argomento ⑩: La nostra festa e la ruota dell' anno




Argomento 10. Sono in ritardo, I know. chiedo venia. Di tutte le festività del mio calendario pagano la più sentita, se così vogliamo dire, per me è sempre stata Beltane, la festa dei falò sacri, dei rituali sessuali, del calore e della frenesia. Sono solito festeggiarla nei boschi (se sono a casa dei miei) o comunque all'aperto; è per me tradizione da circa 3-4 anni accendere un falò e bruciarvi una corona di salice piangente fatta durante il periodo della naturale caduta dei rami. Un'offerta, se così la vogliamo chiamare. Tendo a non allestire grandi celebrazioni; per me conta più il cosa ed il come da il quanto. Solitamente, e questa è una cosa che vi sconvolgerà, non sono solito purificare nulla, ne lo spazio sacro (che poi se sono "in esterna" a che caspiterina serve?) ne gli strumenti perché sono convinto che debbano anche loro vivere una vita energetica pari alla mia, seguendo il mio percorso di crescita e la "storia dei riti-incantesimi compiuti". Li sento meglio, li avverto come realmente miei in tale maniera. Per me l'offerta è una parte fondante del rito, se non il rito stesso. Quando posso offro qualcosa di materico che sia facilmente disperdibile (e gradito) anche dagli animali o piante del bosco: che sia frutta, sementi, pane, latte o vino se non ne ho la disponibilità cerco di fare offerte di (come chiamarli?) buoni propositi, a mo dei fioretti quaresimali.
Per me Beltane è l'apoteosi della ritualità vitale, il momento in cui la natura è nel suo periodo di espansione massima tanto che spesso ho sentito durante le celebrazioni in questo periodo dell'anno i richiami dei caprioli maschi alle femmine per l'accoppiamento.

Premetto che non festeggio tutti i sabba "in esterna" con il cerchio, alcuni nascono talmente spontaneamente in posti talmente assurdi che fare praticamente il cerchio sarebbe infattibile a livello di terreno. E a volte non ne sento la necessità; il più delle volte sono circondato da tutti e quattro gli elementi materici, il quinto poi vive in ogni ente, sicché! Non ho mai festeggiato i miei anniversari da strega, non perché non lo volessi ma perché  mannaggia me, non mi ricordo quando ho iniziato praticamente a celebrare il primo sabba. Mea culpa, passiamo oltre.

Gli Esbat li festeggio quando "li sento"; il più delle volte non posso definirla neanche celebrazione quanto invece preghiera o ringraziamento. Spesso faccio coincidere gli esbat con lavori magici importanti in modo da sincronizzare meglio le attività. Premetto, è brutto da dire ma se fossimo streghe seriose dovremmo essere sempre a celebrare festività (spesso non sentite veramente) e si perderebbe il senso della celebrazione oltre che una parte importantissima del proprio tempo personale e non si riuscirebbe più a vivere la propria vita con pienezza. Altra puntualizzazione, io non sono una persona attenta ai movimenti planetari o orari in cui cade una determinata lunazione- festività; il mio pensiero in questo campo si basa essenzialmente sul sentire: se la senti tua in quel giorno festeggiala, altrimenti non avrebbe un senso logico.

Penso sia finito il vaneggiamento logorroico ma capitemi, ho dormito 2 ore ed è quasi mezzanotte. Baci streghette!

Tell The Owl - Argomento ⑨: Mito: interpretazione della mitologia come insegnamento spirituale.



Non è facile parlare di mito ai giorni nostri, ancora più difficile è interpretare ciò che contiene il racconto mitico. Il background culturale individuale gioca moltissimo su questo aspetto. Personalmente mi ispiravo, per la pratica all'immaginario mitico delle streghe medievali ed alle mitologie ad esse ricollegate. Il "giuoco della buona società", per esempio, è stato in passato una delle fonti di ispirazione per iniziare a praticare in modo continuativo. Si tratta di una mitologia legata a Diana come regina delle streghe che radunava la sua comunità per le feste sabbatiche in zone differenti nell'Europa ed organizzava una vera e propria celebrazione scherzosa con vino, musica, balli e giochi oltre agli impianti religo-sacrali. Niente di più lontano dall'immaginario di sabba cattolico. è stato uno dei miei primi approcci nel vivere la mia nuova spiritualità (ai tempi che fu XD ) in modo meno canonizzato ma più spontaneo e gioioso. Da quel momento mi si è reso palese che il cerimonialismo ossequiante, che le litanie seriose non facevano per me, le avrei lasciate ai cattolici se non ci fossero pagani che le praticano abitualmente. Fu una liberazione per me, quelle quattro parole; il "Giuoco della Buona Società", una liberazione dai dogmatismi imposti e dal compiere azioni che bisognava fare "perché si", perché "era così". Da allora cominciai un cammino eclettico che mi porta tutt'oggi dove il cuore, ma soprattutto la testa, vogliono andare. Nel chiedermi il perché e il per-come voglio fare una certa azione. 

Negli ultimi anni mi sono legato a doppio filo con Dioniso ed il dionisismo in generale nella sua totalità, un cammino che ancora sto affrontando ma che mi porta, dato il mio pragmatismo materico, alla concretezza, alla materia. Sto cominciando a capire seriamente come ogni cosa, o meglio, ogni ente è pervaso da energia. Chiamatela anima, spirito o come preferite. Il sentiero di Dioniso è basato sulla pietra e questa pietra regge ora le mie radici. 

giovedì 24 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "W"


"W" come Wunschelwybere, le fanciulle-cigno nel folklore tedesco

"Maids from the south | through Myrkwood flew,
Fair and young, | their fate to follow;
On the shore of the sea | to rest them they sat,
The maids of the south, | and flax they spun"
Völundarkvitha

Note con il nome tedesco Wunschelwybere le fanciulle-cigno sono esseri o spiriti mitologici presenti nel folklore di molte popolazioni nordeuropee tra cui la Svezia, la Germania, la Normandia, la Norvegia e paesi come la Romania e la Serbia. Si tratta di una particolare specie di ninfe, descritte in alcuni racconti anche come mortali in grado di mutare la propria forma, la cui trasformazione era spesso collegata ad un abito a cui erano cucite piume di cigno o addirittura una pelle ricavata dall'animale stesso. A differenza delle ninfe greche, però, si deve sottolineare che in una parte del folklore legato alle Wunschelwybere è di origine maschile; troviamo cioè un ragazzo-cigno al posto della figura femminile. 

Lo schema canonico che riconduce alla narrazione fiabesca è solitamente stereotipato anche se vi sono alcune varianti: l'uomo o la donna non sposati, trovandosi di fronte alla visione della ragazza-cigno o del ragazzo-cigno che si fa il bagno nudo in un laghetto nel bosco se ne innamorano. Decide così di rubare l'abito di piume del Wunschelwybere in modo da non farlo volare via e "costringerlo" a sposarlo. solitamente dalla coppia formata nascono bambini che puntualmente rivelano alla madre-cigno o al padre-cigno la collocazione degli abiti fatati sottratti dallo sposo-a. Solitamente la donna-cigno/uomo-cigno scompare lasciando i figli al marito ed in rare versioni portandoli con se. Il marito-moglie subirà spesso la punizione dell'abbandono con conseguente estrema solitudine per aver costretto uno spirito a legarsi a lui-lei senza il volere autonomo del Wunschelwybere. 

In culture diverse si ritrovano spesso attributi semi-animali legati a esseri spirituali; nelle Isole Orcadi, per esempio, sono presenti le fanciulle-foca; in Croazia quelle semi-lupo ed in Africa le donne-bufalo. La motivazione della sembianza muta-forma di origine animale ci viene da connotati più antichi, probabilmente identificando un unione tra i culti animali e gli esseri umani. Il fatto che la donna o l'uomo siano in parte cigni, inoltre; porta il loro carattere ad assumere connotati tipici di quel volatile come per esempio il desiderio di non rimanere vincolati ed il bisogno di evasione. 

"After he had left, the woman watched him until he disappeared into the woods. Then she went to the attic, which the man had not locked this time, opened the chest containing the swan-dress, put it on, and as a swan flew far, far away. When the man came home to eat, his wife had disappeared. Not even the children could say where she was, for they had not seen her. Then the hunter returned to the old man in the woods and told him of his misfortune: that once again he had lost his wife, and that he did not know where she had gone. The old man said, "You did not put the dress away carefully. She found it and has flown away with it." "Oh," said the hunter sadly, "is it not possible for me to find her again?" "It is possible," said the old man, "but now it is dangerous, and it could cost you your life." "

Interessante notare è il paragone tra la figura di Melusina, presente nel nostro folklore con i caratteristici attributi di donna-serpente, e le Wunschelwybere. Entrambi i racconti si basano sulla rottura di un tabù, nel caso delle fanciulle-cigno il sottrarre l'abito magico, considerato come parte stessa della loro persona. La rottura del patto implicito porta alla fine, con l'abbandono ed il rifiuto da parte dell'amato-a,  a perdere se stessi, senza alcuna eccezione, in tutte le tipologie di questo folklore. 

martedì 22 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "V"


"V" come "Verga tirsiaca", il simbolismo del Tirso e la sua composizione

"Sul doppio giogo delle rupi delfiche tu lo vedrai
tra fiaccole di pece
danzarvibrarsquassare il tirso bacchico"
Le Baccanti, Euripide

La Verga Tirsiaca era uno degli attributi più comunemente connessi a Dioniso ed in particolare alle Menadi, le sue sacerdotesse. Anche chiamate Tiadi o Mimallonidi erano considerate per la maggioranza donne la cui attribuzione ferina, estatica e sessualmente esplicita rese il culto misterico di particolare valore presso la società greca. Il vestiario delle menadi, che comprendeva corone di edera, pampini o mirto, pelli di animali tra cui il lupo ed il cervo, si connotava anche di una particolare tipologia di picca o verga dalla struttura complessa chiamata Tirso. 

Questo tipo di bastone rituale era composto  di diversi tipi di legno a seconda delle fonti; l'asta poteva essere di Cornus mas o di Ferula communis. Il Corniolo (cornus mas) era utilizzato dai greci per la sua durezza nell'impiego militare per realizzare frecce e giavellotti a manico lungo, con il suo legno fu costruito, secondo l'Eneide, il Cavallo di Troia. il nome di quest'albero viene direttamente dalla radice cornix, ovvero la cornacchia, uccello sacro a questo legno e naturale cacciatore dei frutti rossi di quest'albero.  La Ferula (ferula communis) anche chiamata Ferla è una pianta erbacea perenne molto diffusa nel mediterraneo, la radice del suo nome indica il fusto rigido, diritto. Il nome di questa pianta col tempo divenne sinonimo di bastone sacro tanto che si conservò anche con l'avvento del cristianesimo con l'utilizzo dei bastoni pastorali chiamati appunto ferula. L'asta del Tirso era sormontata da una pigna, spesso intagliata nello stesso legno ma a volte applicata tramite mastici naturali come la resina. Avvolti intorno al Tirso si ritrovano spesso, nelle raffigurazioni antiche, pampini verdi, edera selvatica, bende bianche o pelli di animali annodate. 

La funzione della Verga tirsiaca è esplicitata dalla sua composizione; il richiamo fallico della struttura veniva accentuato nell'uso rituale che se ne faceva durante le "processioni" e le corse selvagge nei boschi nelle ritualità dionisiache: era uso infatti agitare il bastone con un richiamo neanche troppo velato alla masturbazione ottenendo così la catarsi erotica. L'utilizzo del bastone era atto anche, nella follia estatica di danze e canti, a funzione semi-punitiva; venivano letteralmente menati dei colpi con la sua punta a simboleggiare l'atto sessuale della contrazione muscolare. Come richiamo alla fertilità ed alla potenza sessuale  Euripide nella sua celebre opera "le Baccanti" ci offre anche una visione mitologica del tirso; dice che da esso  scaturiva miele. Il richiamo eiaculatorio, di natura prettamente formale, era atto a sottolineare in maniera ancora più esplicitata la valenza rigenerativa e riproduttiva di uomini, fauna e flora; il tutto unito però sotto la comune etichetta del piacere estatico (o in questo caso sarebbe meglio definirlo orgasmico, ma non voglio scandalizzare chi è più sensibile alla tematica). Si ritiene che il Tirso avesse anche una valenza pratica nel rituale dello Sparagmòs, ovvero l'uccisione rituale del cervo rappresentante il dio morente. Fonti infatti citano che l'uccisione dell'animale-Dio avvenisse tramite lo sbranamento (ovvero senza l'utilizzo di alcun tipo di oggetto se non i denti) altre invece coinvolgono il Tirso come mazza-sacrificante. in questa prospettiva, quindi, l'aspetto escatologico della divinità e la sua vicinanza con i culti arborei e ferini si riflettono direttamente sul bastone sacro, sulla sua foggia materica e sul suo uso rituale. 

In relazione all'uso della verga tirsiaca Dioniso viene chiamato Ampelos, "tralcio di vite", KissòsOinops o Oinopos, "edera", Perikìonos, "che si avvinghia alla colonna",  Oinos, "vino", Orthòs, "diritto", phallòs, "eretto", Mainòmenos, "furibondo", Lysios, "il liberatore", Endendros e Dendrìtes "spirito dell’albero", Euànthes, "feconda fioritura".

Altri epiteti erano: Eriphos, "capretto", Melànaigis, "il dio con la nera pelle di capra", Bougenès, "figlio della vacca" e "nobile toro", Omàdios e Omestès, "colui che si ciba di carne cruda", Isodaìtes, "spartitore esatto di carne sacrificale", Zagreùs, "grande cacciatore", Pèlekys, "doppia scure", Eiraphiòtes, "cucito nella coscia", Dimètor, "colui che ha due madri", Pyrìgenos, "nato dal fuoco", Bròmios, "rumoroso", o "il dio del "tuono", Trieterikòs, "dio dei due anni alterni", Nuktèlios, "delle orge notturne", Meilìkios, "dolce mielato" e Iakchos, "il dio portatore di fiaccola nei misteri notturni".





venerdì 18 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "U"


"U" come "Unguentum Sabbati", l'atto dell'ungersi e le pomate psicotrope

Unguento unguento, 
mandami alla noce di Benevento 
supra acqua e supra vento 
et supre ad omne maltempo

La parola Unguento deriva dal latino "Unguentum" e più profondamente dalla parola "unguem", grasso.  Letteralmente identifica quindi una sostanza molle a base oleosa o appiccicosa che contiene in essa essenze di piante o fiori, resine, polveri o sostanze di origine animale. La sua applicazione può essere sulla superfice esterna del corpo ma anche sulle mucose oppure i punti di maggior vascolarizzazione della pelle. Forma rudimentale di medicamento, l'utilizzo di unguenti è da sempre associato alle pratiche delle donne di medicina praticanti di magia popolare, identificate poi in epoca medievale con la terminologia "streghe" e quindi giustiziate per la loro non inclusione sociale nelle comunità. 

Ben noto nell'immaginario popolare la figura topica della vecchia megera manipolatrice di erbe che sanano ed uccidono, che prepara con saggezza intrugli ed unguenti. La connessione tra il volo al Sabba e la pratica dell'ungersi, però, è relativamente tarda. per fare un esempio concreto, la maggior parte del periodo medievale ha basato la sua linea di sterminio sul Canon episcopi che recitava: "certe donne scellerate, e seguaci di Satana, ingannate dalle illusioni e dalle seduzioni del diavolo, pretendono e dichiarano di cavalcare certe bestie, nella profondità delle ore notturne, insieme con la dea pagana Diana (o Erodiade) accompagnandosi ad una innumerevole folla di altre donne, e affermano di attraversare enormi spazi di terra nel silenzio della notte" non riferendosi però alle effettive tecniche di presunto volo per cui queste donne si sarebbero staccate da terra per seguire il corteo al Sabba. Mentre nel primo periodo il volo era considerato materico, con l'andare dell'epoca medievale e il sostenere la teoria dell'unguentum sabbati si ritenne che esso fosse metafisico, cioè che il corpo della strega restasse nel letto accanto al pio marito mentre l'anima se ne volava a bagordeggiare con Diana. Racconta per esempio Della Porta: 

"Mi accadde di avere a disposizione una vecchia la quale, spontaneamente e in breve tempo, mi offrì la soluzione del problema. Comandò che venissero mandati fuori coloro che io avevo chiamato a testimoniare e mentre noi la stavamo  a spiare da una apertura della porta essa si spogliò e si frizionò vigorosamente con un unguento che, a causa dei suoi succhi soporiferi, la fece cadere in un sonno profondo. Allora noi aprimmo la porta, ma essa, svegliatasi, ci cacciò a male parole, ma poi cadde completamente priva di sensi. Noi ritorniamo fuori e, piano piano, il potere del filtro perde i suoi effetti. Essa si risveglia e incomincia a delirare e dice di aver attraversato mari e montagne e risponde in modo menzognero alle mie domande. Noi affermiamo di non essere convinti di quanto ci dice e lei insiste, perdiamo la pazienza, ma lei si ostina ancora di più. Una esagerata bramosia di sensazioni morbose ha talmente invaso lo spirito umano da trascinare all'abuso delle sostanze che la provvida natura ha messo a disposizione degli uomini. Di molte di esse riunite insieme sono composti gli unguenti delle streghe, I quali, benché siano mescolati a molte superstizioni, mostrano a chi li esamina, che la loro efficacia proviene da forze naturali. Dirò quanto ho appreso dalle streghe. Esse cuociono in un vaso di rame grasso di bambini stemperato con acqua. Cuocendo l'acqua evapora e nel vaso rimane una pasta, a cui le streghe aggiungono aconito, foglie di pioppo, sangue di pipistrello, solano sonnifero e olio. È possibile mescolarvi anche altri ingredienti non dissimili. Appena l'unguento è pronto se ne spalmano il corpo, strofinando la pelle lino ad arrossirla, in modo che si rilasci e si dilatino i pori e l' olio penetri più profondamente nei tessuti provocando una reazione più rapida e violenta".

Tralasciando il fatto che sia una fonte di stampo non neutrale c'è da chiedersi che cosa conteneva essenzialmente, nella realtà, questo composto e in che modo si ottenevano gli effetti di spasmi e distaccamento dal reale. La tradizione cita diverse erbe, piante e fiori dai contenuti velenosi e psicotropi quali l'Aconitum napellus, l'Atropa belladonna, l'Hyoscyamus niger, il Solanum, il Papaver Somniferum e diverse altre sostanze allucinogene. Esse portavano ad una degenerazione della lucidità sensoriale data dalle sostanze presenti nelle erbe che agivano direttamente sui neuroni e provocavano stati di sonno profondo quasi febbrile in cui letteralmente, venendo intossicate, le presunte streghe avevano visioni e allucinazioni. C'è da sottolineare però che il dosaggio di queste erbe era di fondamentale importanza, lo sbaglio anche solo di un pizzico di erba poteva portare alla degenerazione cellulare, al bloccarsi della respirazione, all'infarto ed al catatonismo. L'applicazione di questi unguenti si concentrava soprattutto sulle zone molto vascolarizzate come i polsi, la giugulare o le mucose corporee (per alcuni pii autori medievali l'interazione vagina-unguento venne ripudiata come mero fallocentrismo sessuale e quindi come masturbazione a fini turpi e diabolici). Durante il processo di applicazione era abitudine recitare, secondo i diversi contesti culturali, una sorta di formula o litania atta a rafforzare lo scopo dell'unguento.  

Una strana interazione che ci viene direttamente dalla "magia contagiosa" è l'interazione tra unguento ed arma. "Si ammette e si ripete costantemente" dice Bacone, "che ungendo l'arma che ha inflitto la ferita si cura la ferita stessa". In questa tradizione medievale  di magia popolare l'unguento era composto da particolarissimi ingredienti come il muschio cresciuto sul cranio di un defunto insepolto, grasso di cinghiale ucciso nell'atto dell'accoppiamento ecc. La stranezza e la particolarità quasi alchemica degli ingredienti ne rendevano l'effetto magico. Un'altra tradizione, questa volta britannica, vuole che l'unguento venga applicato ad un particolare pietra circolare considerato un "masso della pioggia" per evitare la siccità dei campi. 


SEZIONE DA LEGGERE PER PURI SCOPI INFORMATIVI, LE PIANTE VELENOSE NON DEVONO ESSERE INGERITE IN ALCUNA MANIERA:

La più celebre formula dell'Unguento sabbatico ci viene direttamente da Paracelso che così descrisse la formula di preparazione: "5 grammi si hashish con aggiunta di un pizzico di fiori di canapa, di rosolaccio, di radice d’elleboro polverizzata e un pugno di semi di girasole pestati. Facendo cuocere questi ingredienti in 100 grammi di sugna, finché l’umidità non sia del tutto evaporata, se ne ricava un unguento con cui strofinare caviglie, collo e braccia". Paracelso descrive gli effetti di questo preparato come "sognare di andare al Sabba".

Altre ricette comprendevano, per esempio: balsamo di Gilead (gemme di pioppo), cinquefoglie (tormentilla potentilla), zafferano, verbena odorosa, foglie di noce, foglie di menta e sostanze psicotope sopra descritte. 

La preparazione di un unguento è un'operazione diluita nel tempo ma molto semplice da realizzare. Una volta che l'oleolito è stato preparato con il metodo a caldo o a freddo viene filtrato con una garza di lino ed è pronto per essere utilizzato. Una nota di attenzione; gli unguenti conservano massimo le loro virtù terapeutiche per tre mesi ma se aggiungiamo alla preparazione il 10% di oleolito di Benzoinio il tempo di tenuta della pomata si prolunga per ben un anno in condizioni ottimali. Una volta fatto l'oleolito delle erbe apposite allo scopo si metta in un pentolino un composto da uno-due cucchiaini di cera d'api, parte dell'oleolito realizzato e se si vuole erbe secche sminuzzate (che possono essere successivamente filtrate o inglobate nell'unguento). Quando il tutto si sarà sciolto e mescolato il composto fluido emanerà un caratteristico profumo di erbe che avrete utilizzato per la creazione dell'oleolito. Come ultima operazione si può filtrare o meno con una garza e versare in un barattolino di metallo o ceramica. Da notare è la consistenza dell'unguento; più si aumenta la percentuale di cera d'api  e più il composto sarà solido. Per il trattamento con un unguento personalmente preferisco le zone dei polsi, le labbra e il collo in corrispondenza della vena giugulare. 

L'immagine posta in alto rappresenta una topica scena sabbatica derivante da un acquaforte tedesca del periodo tardo-medievale. 



mercoledì 9 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "T"


"T" come "Tavola notturna", la mensa d'offerta alle signore della notte

"Fino a che la grazia non mi farà,
Che gliel’ho chiesta e gliela chiedo di cuore!
Se questa grazia, o Diana, mi farai,
La cena in tua lode in molti faremo"

La tradizione e la credenza nelle Dominae Nocturnae è da credersi collocabile nelle zone italiane e tedesche, si tratta di una particolare forma folkloristica di spiritualità basata sulla credenza nei "cortei delle signore della notte"; una specie di corte errante composta da donne, uomini, spiriti e defunti che vagava in volo tra le terre e portava benedizioni o sciagure alle famiglie ed alle case. A capo di questi cortei vi era una figura femminile, identificabile con numerosi appellativi a seconda delle zone in cui questa credenza è attiva ed identificabile spesso con l'appellativo di "Signora del Giuoco". A questo personaggio è stata sovrapposta spesso la divinità  greco-romana Diana o quella germanica Holle/Frau Holda. I cortei, come già citato, erano soliti, secondo la credenza, soffermarsi nelle case più pulite ed ordinate per riposarsi nella notte fra giovedì e venerdì e se trovavano l'ospitalità di loro gusto, allora benedicevano l'abitazione ed i suoi abitanti, al contrario ne recavano sciagure e maledizioni.  La doppia valenza, positiva ma anche negativa, di questo corteo e della sua signora ha portato alla proliferazione di una ritualità non organizzata e spontanea basata sul concetto di accoglienza per ricevere i favori di queste figure: il banchetto d'offerta anche detto tavola notturna.   

Il tutto si svolgeva molto informalmente; una volta che la cena della famiglia era conclusa la cucina ed il tavolo venivano puliti con cura, si rimpastava il pane e si cuoceva una minestra; una volta pronto il pasto per le Dominae Nocturnae si preparava la tavola per gli insoliti conviviali e si mettevano le vivande al centro del tavolo. Una volta fatto ciò si andava a dormire lasciando la casa al buio completo per attendere la visita del corteo. Se la signora che guida la corte avrebbe trovato l'ospitalità ricevuta di suo gusto avrebbe benedetto la casa, la famiglia ed il futuro di chi abitava fra quelle mura. I cibi utilizzati erano spesso i più frugali dato che questa cerimonia d'offerta veniva associata alle caste più umili e meno colte della popolazione ma essi erano preparati con grande cura. 

Questo tipo di ritualità "non partecipativa" è sorta, a mio parere, autonomamente presso le famiglie che credevano nelle dominae nocturne che, a seconda dei posti, dei periodi e dei contesti sociali vennero identificate come divinità, streghe, fate, spiriti o mortali al seguito di una figura divina. C'è da sottolineare come questo tipo di credenza coinvolgesse gli oggetti di uso quotidiano come scodelle e coppe per l'acqua o il vino, quasi sicuramente utilizzati dalla famiglia stessa per il regolare svolgimento dei pasti.