“G” come
“Gundestrup Cauldron”, il Cernunnos e la
sua prima raffigurazione
Il
Calderone di Gundestrup è uno dei manufatti dalla miglior fattura e stato di
conservazione pervenutici dalla cultura celtica. È databile alla tarda età del
ferro, circa nel II secolo a. C. ed è stato rinvenuto in una torbiera
dell’Himmerland, nello Jutland, nel nord della Danimarca nel 1981. Esso è,
oltre che un esempio dell’antica lavorazione dell’argento cesellato (13
pannelli per circa 9 chilogrammi) , soprattutto una vera e propria
testimonianza fisica dei miti e delle antiche credenze celtiche. Essendo il
manufatto, sia a livello di fattura che di incisioni, non connotabile nel
territorio della Danimarca è stato ipotizzato che sia stato portato lì in
seguito ad una sconfitta dei romani e che provenga invece all’attuale Bulgaria,
circa nel territorio del basso Danubio. Dal momento che il calderone, al tempo
del suo ritrovamento, era diviso in pezzi; l’effettivo ordine delle placche
doveva essere ricostruito. L'ordine tradizionale delle lastre è stata
determinata da Sophus Müller , il primo di molti per analizzare il calderone. Ne
ipotizzò il posizionamento osservando le saldature sulle stesse e constatò,
seppur in ipotesi, che queste si articolavano con una storyline di
maschio-femmina, maschio-femmina (relativamente alle raffigurazioni sui
pannelli).
L’interpretazioni
dei bassorilievi cesellati è tutt’oggi non certa; l’unica figura identificata
con certezza è il Cernunnos sulla fascia interna, le altre possono riferirsi
all’attraversamento delle Alpi da parte di Annibale, di una scena mitologica
legata a Manawydan, Dio dell’oceano, dell’acqua e del “mondo altro” ed a Rhiannon
o a scene religio-sacrali legate a divinità tra le più disparate. Parlando più specificatamente del Cernunnos
possiamo affermare che il bassorilievo presente sulla fascia interna
rappresenti una delle prime, se non la prima raffigurazioni del Dio (alcuni
teorici sostengono che sia presente anche nelle incisioni rupestri della Val
Camonica). La divinità è rappresentata seduta a gambe incrociate, benedicente
con il torque al collo e stretto nella mano destra a rappresentare il dominio
sulla flora e fauna. Stretto nella mano sinistra è inciso un serpente, simbolo
ciclico del rinnovamento stagionale, segno della ferinità schiva e istintuale
che può donare come togliere; alcuni storici o studiosi dell’arte hanno ipotizzato
che esso sia in realtà un bastone e non un serpente vero e proprio,
connotandolo così di una funzione di comando e guida. Le corna del Cernunnos
sono cesellate in profondità, precise nel loro rigore geometrico, posizionate
sul capo del Dio, che porta i capelli lunghi legati dietro il capo. È
attorniato da animali selvatici, erbivori e carnivori, a significare la potenza
ferina e procreativa; da sottolineare è inoltre il volto fallico del serpente,
un simbolismo, neanche troppo velato, volto a sintetizzare le caratteristiche
della divinità. Tra gli animali selvatici spicca, su questa piastra in alto a
destra, un’altra figura: un uomo stilizzato che cavalca un animale, da alcuni
identificato come un delfino; probabilmente una simbologia per una vittoria
militare o politica.
Da
sottolineare è la derivazione etimologica della parola Cernunnos, wikipedia
cita: “Sulla iscrizione dei Parisii [_]ernunnos,
la prima lettera fu cancellata, ma può essere agevolmente restituita in
"Cernunnos" a causa della raffigurazione di un dio con le corna sotto
il nome e dal fatto che in gallico, carnon o cernon significa "corno".
Similmente cern significa "corno" o "capo" in Antico
Irlandese ed è etimologicamente affine al termine simile Carn in Gallese e
Bretone. Queste derivano dalla radice proto-indoeuropea *krno- che ha dato
anche il latino cornu e germanico *hurnaz (dal quale l'inglese
"horn")”.
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