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martedì 22 gennaio 2013

Modern Witch League 5#: Witchy Alphabet. "V"


"V" come "Verga tirsiaca", il simbolismo del Tirso e la sua composizione

"Sul doppio giogo delle rupi delfiche tu lo vedrai
tra fiaccole di pece
danzarvibrarsquassare il tirso bacchico"
Le Baccanti, Euripide

La Verga Tirsiaca era uno degli attributi più comunemente connessi a Dioniso ed in particolare alle Menadi, le sue sacerdotesse. Anche chiamate Tiadi o Mimallonidi erano considerate per la maggioranza donne la cui attribuzione ferina, estatica e sessualmente esplicita rese il culto misterico di particolare valore presso la società greca. Il vestiario delle menadi, che comprendeva corone di edera, pampini o mirto, pelli di animali tra cui il lupo ed il cervo, si connotava anche di una particolare tipologia di picca o verga dalla struttura complessa chiamata Tirso. 

Questo tipo di bastone rituale era composto  di diversi tipi di legno a seconda delle fonti; l'asta poteva essere di Cornus mas o di Ferula communis. Il Corniolo (cornus mas) era utilizzato dai greci per la sua durezza nell'impiego militare per realizzare frecce e giavellotti a manico lungo, con il suo legno fu costruito, secondo l'Eneide, il Cavallo di Troia. il nome di quest'albero viene direttamente dalla radice cornix, ovvero la cornacchia, uccello sacro a questo legno e naturale cacciatore dei frutti rossi di quest'albero.  La Ferula (ferula communis) anche chiamata Ferla è una pianta erbacea perenne molto diffusa nel mediterraneo, la radice del suo nome indica il fusto rigido, diritto. Il nome di questa pianta col tempo divenne sinonimo di bastone sacro tanto che si conservò anche con l'avvento del cristianesimo con l'utilizzo dei bastoni pastorali chiamati appunto ferula. L'asta del Tirso era sormontata da una pigna, spesso intagliata nello stesso legno ma a volte applicata tramite mastici naturali come la resina. Avvolti intorno al Tirso si ritrovano spesso, nelle raffigurazioni antiche, pampini verdi, edera selvatica, bende bianche o pelli di animali annodate. 

La funzione della Verga tirsiaca è esplicitata dalla sua composizione; il richiamo fallico della struttura veniva accentuato nell'uso rituale che se ne faceva durante le "processioni" e le corse selvagge nei boschi nelle ritualità dionisiache: era uso infatti agitare il bastone con un richiamo neanche troppo velato alla masturbazione ottenendo così la catarsi erotica. L'utilizzo del bastone era atto anche, nella follia estatica di danze e canti, a funzione semi-punitiva; venivano letteralmente menati dei colpi con la sua punta a simboleggiare l'atto sessuale della contrazione muscolare. Come richiamo alla fertilità ed alla potenza sessuale  Euripide nella sua celebre opera "le Baccanti" ci offre anche una visione mitologica del tirso; dice che da esso  scaturiva miele. Il richiamo eiaculatorio, di natura prettamente formale, era atto a sottolineare in maniera ancora più esplicitata la valenza rigenerativa e riproduttiva di uomini, fauna e flora; il tutto unito però sotto la comune etichetta del piacere estatico (o in questo caso sarebbe meglio definirlo orgasmico, ma non voglio scandalizzare chi è più sensibile alla tematica). Si ritiene che il Tirso avesse anche una valenza pratica nel rituale dello Sparagmòs, ovvero l'uccisione rituale del cervo rappresentante il dio morente. Fonti infatti citano che l'uccisione dell'animale-Dio avvenisse tramite lo sbranamento (ovvero senza l'utilizzo di alcun tipo di oggetto se non i denti) altre invece coinvolgono il Tirso come mazza-sacrificante. in questa prospettiva, quindi, l'aspetto escatologico della divinità e la sua vicinanza con i culti arborei e ferini si riflettono direttamente sul bastone sacro, sulla sua foggia materica e sul suo uso rituale. 

In relazione all'uso della verga tirsiaca Dioniso viene chiamato Ampelos, "tralcio di vite", KissòsOinops o Oinopos, "edera", Perikìonos, "che si avvinghia alla colonna",  Oinos, "vino", Orthòs, "diritto", phallòs, "eretto", Mainòmenos, "furibondo", Lysios, "il liberatore", Endendros e Dendrìtes "spirito dell’albero", Euànthes, "feconda fioritura".

Altri epiteti erano: Eriphos, "capretto", Melànaigis, "il dio con la nera pelle di capra", Bougenès, "figlio della vacca" e "nobile toro", Omàdios e Omestès, "colui che si ciba di carne cruda", Isodaìtes, "spartitore esatto di carne sacrificale", Zagreùs, "grande cacciatore", Pèlekys, "doppia scure", Eiraphiòtes, "cucito nella coscia", Dimètor, "colui che ha due madri", Pyrìgenos, "nato dal fuoco", Bròmios, "rumoroso", o "il dio del "tuono", Trieterikòs, "dio dei due anni alterni", Nuktèlios, "delle orge notturne", Meilìkios, "dolce mielato" e Iakchos, "il dio portatore di fiaccola nei misteri notturni".





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